01.04.2016

«Contratti, no al modello Federmeccanica»

  • Il Corriere della Sera

«Non ho il piacere di conoscerlo — dice Maurizio Landini — ma gli faccio i complimenti e gli auguri. È una designazione frutto di un processo democratico che ha visto in competizione due candidati. Purtroppo entrambi hanno sostenuto la proposta di Federmeccanica sul modello contrattuale. Che per noi non può essere la nuova modalità delle relazioni industriali. Tanto è vero che contro di essa i sindacati dei metalmeccanici uniti, Fim-Fiom e Uilm, scioperano il 20 aprile».

Come ha detto, Boccia è frutto di una competizione democratica e trasparente. Nel sindacato i vertici sono scelti per cooptazione. Confindustria è più avanti?

«Per quanto riguarda la Cgil, la conferenza d’organizzazione, ha allargato la rappresentanza degli organismi che eleggono i segretari. Personalmente credo ci sia bisogno di aumentare ancora il livello di partecipazione degli iscritti e dei delegati. Il tema dell’allargamento della democrazia nel sindacato non è chiuso».

Lei è per le primarie?

«Non ho proposto le primarie, ma che gli iscritti contino di più nelle scelte della Cgil».

Dica la verità, lei tifava per l’altro candidato, Alberto Vacchi, che conosce bene.

«No, sono cose che avete scritto e che non so quanto abbiano aiutato Vacchi. Lo conosco perché da segretario della Fiom di Bologna ho fatto con lui trattative e accordi, punto».

Cosa consiglia a Boccia?

«Di non fare della proposta di Federmeccanica la proposta di tutta la Confindustria. Si aprirebbe un conflitto molto serio con tutto il sindacato, non solo coi metalmeccanici, perché non pensiamo che i problemi si risolvano cancellando il contratto nazionale. Pensiamo che bisogna innovarli e ridurne il numero, ma i livelli devono restare due: nazionale e decentrato, sapendo che c’è un problema di produttività legato a bassi salari e scarsi investimenti».

I salari non si aumentano col contratto nazionale legato ai prezzi, visto che c’è deflazione, ma distribuendo la ricchezza in azienda

«No. Se i livelli sono due, uno più uno fa due. Se sono uno, non farà mai due. E poi non dobbiamo pensare che resteremo sempre in deflazione. Per noi non è accettabile che il contratto aziendale sostituisca quello nazionale perché, per esempio, nel mio settore la contrattazione aziendale si fa solo nel 37% delle imprese e riguarda una minoranza di lavoratori. Il contratto nazionale deve tutelare il potere d’acquisto reale delle retribuzioni, quello aziendale, che vogliamo sviluppare, si aggiunge».

Come giustifica la sua richiesta di un aumento dei salari metalmeccanici del 3% se i prezzi scendono?

«Non c’è solo il tasso d’inflazione. Ci sono diseguaglianze che si sono ampliate negli anni e problemi di redistribuzione. Pensiamo agli sconti Irap e sulle assunzioni ricevuti dalle imprese. E c’è l’andamento del settore. Discutiamone al tavolo. Osservo poi, a proposito della necessità del contratto nazionale, che nel gruppo Fca, dove questo non esiste più dal 2011, il lavoratore prende 74 euro al mese in meno di paga base».

Per gli altri sindacati non è vero: il lavoratore prende di più col contratto aziendale.

«Ripeto, il minimo è inferiore e quel che è peggio è che questo ha ripercussioni sul valore di straordinari, turni, Tfr, eccetera. Infatti, su questo c’è una trattativa aperta».

In Fca il sindacato resta diviso. Lei ha riconosciuto che Marchionne ha salvato la Fiat, ma non ha fatto autocritica. Se avesse vinto la Fiom, la Fiat non si sarebbe salvata.

«Partiamo dal sindacato. Nelle elezioni sui rappresentanti per la sicurezza nel gruppo Fiat, le prime dove, dopo 5 anni, hanno potuto partecipare tutte le sigle, la Fiom ha preso più voti e il 40% dei rappresentanti. Propongo agli altri sindacati di eleggere anche le Rsu e che gli accordi siano sottoposti al voto dei lavoratori, come prevedono le regole Cgil, Cisl e Uil. Quanto a Marchionne, le critiche non sono state mai personali, ma sulla scelta di uscire dal contratto, peggiorare le condizioni di lavoro e sulle scelte industriali. Fca resta il decimo gruppo automobilistico, con il debito più alto e gli investimenti più bassi. La Fiom in Fiat si è dovuta difendere e siamo dovuti arrivare alla Corte costituzionale per farci riconoscere i diritti».

La Fim si è alleata con l’Associazione dei quadri. Sono così il primo sindacato. La Fiom è ancora più sola?

«Prendo atto, ma se sto al voto sui rappresentanti per la sicurezza la Fim resta il secondo sindacato pur mettendosi assieme ai quadri. Osservo poi una contraddizione. Dai lavoratori viene una domanda di sindacato confederale e non di sindacato aziendale».

Enrico Marro