Il principio del contraddittorio preventivo deve essere valorizzato nella fase istruttoria, quando la pretesa tributaria non è ancora formata, e non in presenza dello “schema” di provvedimento dell’ente impositore. Inoltre, perché il contraddittorio risulti effettivo, è necessario che l’amministrazione sia obbligata a motivare sulle ragioni del rigetto delle osservazioni del contribuente.
Sono questi i criteri che dovrebbero informare l’attuazione della delega fiscale (legge 111/2023) e che invece non sembrano, al momento, suffciientemente considerati nelle bozze dei decreti attuativi. Tanto più che è la stessa legge delega a prevedere la centralità dell’istituto in esame.
Il punto critico
Il contraddittorio preventivo, di derivazione unionale (articolo 41 della Carta di Nizza), ha la funzione di garantire la partecipazione del contribuente alla fase di formazione del provvedimento tributario, allo scopo non solo e non tanto di tutelare il suo diritto alla difesa – per quello ci sono le norme del processo – quanto di mettere l’amministrazione finanziaria nella condizione di adottare un provvedimento fondato. Questo significa che l’interlocuzione preventiva con il contribuente deve porsi in una fase del tutto preliminare rispetto alla pretesa erariale.
Ne deriva, pertanto, che la collocazione naturale del contraddittorio non può che rinvenirsi all’interno dello Statuto del contribuente, come in effetti è previsto nello schema di decreto di riforma della legge 212/2000 (ora alla Camera per il parere, atto del Governo n. 97).
Se invece si va a collocare il contraddittorio nell’ambito della procedura di accertamento con adesione – come si prevede nella bozza di decreto sull’accertamento, non ancora trasmessa al Parlamento – si rischia di tradirne la natura. La fase dell’accertamento con adesione, infatti, si svolge a fronte di una pretesa non più embrionale, ma sostanzialmente compiuta. La dialettica che si svolge all’interno di questa fase ha una funzione diversa, che contempla tra l’altro le prospettive processuali. Non è un caso che, in sede di accertamento con adesione, la disponibilità degli uffici a rivedere i termini della rettifica non è in genere molto ampia.
Per le stesse ragioni, non è inoltre condivisibile che l’innesco della dialettica con il contribuente sia rappresentato dalla trasmissione di uno “schema” di provvedimento – così prevedono le bozze di revisione dello Statuto del contribuente e di riforma dell’accertamento –, che richiama l’idea di qualcosa di molto simile all’atto accertativo. Si corre il rischio che gli uffici non siano effettivamente disposti a rivedere in modo anche sostanziale i termini della pretesa, una volta che la stessa sia stata comunque manifestata all’esterno in forma quasi compiuta.
Meglio sarebbe, pertanto, se l’invito che avvia il contraddittorio contenesse solo gli estremi della contestazione che si intende muovere al contribuente, al fine di consentirgli la comprensione delle ragioni dell’ufficio, senza addentrarsi in modo puntuale nella stessa.
La motivazione assente
Un altro elemento critico riguarda l’obbligo di motivare in ordine alle osservazioni del contribuente. Tale obbligo è espressamente previsto nella legge delega ed è anche richiamato nella relazione illustrativa della riforma dello Statuto. Nelle bozze sinora rilasciate, tuttavia, la motivazione rinforzata è assente. È dunque necessario introdurla per dare un senso al contraddittorio preventivo, altrimenti si riproduce in forma generalizzata il modello delineato per accessi, ispezioni e verifiche.
Secondo il singolare orientamento della Cassazione, infatti, le osservazioni del contribuente proposte in tale sede devono essere semplicemente “valutate” dall’ufficio, che però non deve motivare nulla. Ne consegue che gli atti di accertamento, spesso, si limitano a riprodurre frasi di stile, del tipo: «valutate le osservazioni della parte». Occorre, dunque, evitare di ricadere in questa situazione, imponendo l’obbligo motivazionale.
Ma l’ulteriore passaggio critico, per verificare l’effettiva centralità del contraddittorio, sarà rappresentato dall’individuazione degli accertamenti “sostanzialmente automatizzati”, esclusi da tale fase, demandata a un decreto del Mef. È chiaro infatti che quanto più ampio sarà il novero di tali atti, tanto più marginale sarà l’effettiva funzione dell’istituto in esame.