L’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf), cui può ricorrere gratis il piccolo risparmiatore mal consigliato dagli intermediari, chiude il suo secondo anno con positive evoluzioni e numeri doppi rispetto alle stime originarie, benché in assoluto ridotti: 1.824 ricorsi contro 132 operatori, cui ha proposto “ristori” per 78 milioni, in media 52mila euro a dossier.
Non molto, se riferito a 11 milioni di “contratti deposito titoli” con cui gli italiani chiedono a banche e affini di far fruttare i risparmi: o con i 300mila casi l’anno smazzati dagli arbitri in Gran Bretagna ( ma la common law consente di dirimere tali questioni con una telefonata e due mail). L’aspetto più positivo è che le istanze di chi ricorre sono accolte, in tutto o in parte, per il 78%; ed è una punta di iceberg, poiché «i casi di estinzione anticipata stanno aumentando», spiega il presidente Giampaolo Barbuzzi. Più volte, anche se l’Arbitro non lo viene a sapere, l’estinzione segue la transazione con il cliente, perché l’intermediario, consultata la giurisprudenza o la banca dati Acf, che ha ormai 1.400 casi e si rafforza come prassi, preferisce salvare il rapporto commerciale, evitando spese di contenzioso e la pronuncia arbitrale. Tra l’altro gli “intermediari inadempienti” alle decisioni del collegio a cinque – aiutato da 20 dipendenti Consob – rischiano la censura reputazionale: l’omonima sezione del sito www. acf. consob. it elenca chi non si adegua. A scorrerla abbondano i clienti di gruppi in recente crisi, o dei loro compratori: Banca Apulia, Banca Nuova, Intesa Sanpaolo (per Vicenza e Veneto banca), Ubi ( per Banca Marche, Etruria, Carichieti), Bper (per Cariferrara), Popolare di Bari, che segna ricorsi (e opposizioni) crescenti. La più parte dei casi riguarda i consigli bancari: consulenze contestate, ordini di vendita trascurati a vantaggio di altri clienti, questionari Mifid che mal diagnosticano i clienti, per cui a volte un titolare di licenza media si ritrova laureato, o chi è anziano rinvigorisce comprando polizze vita azionarie pluridecennali. L’Arbitro, istituito in Consob nel gennaio 2017, nacque proprio per il ” risparmio tradito” dopo la crisi di una decina di banche. Oggi è una camera compensativa per deflazionare la giustizia civile sui temi del risparmio (per i servizi c’è invece l’Arbitro bancario finanziario, gestito da Bankitalia). «Non ero informato di tutti i rischi, non sapevo che comprando azioni potessi perdere tutto, chiedevo un investimento prudente», furono le doglianze salite allora, a volte anni dopo la firma di chili di carte e liberatorie lette poco o per niente.
Il problema per Barbuzzi è proprio di comunicazione, perché siamo al classico dialogo tra sordi: chi vende prodotti finanziari, spinto da interessi o pressioni commerciali, si limita a rispettare la forma nel rappresentare i rischi. Chi compra, per incultura finanziaria, fiducia mal riposta o distrazione, si pente tardi. Per questo l’Acf cerca l’approccio sostanzialista: «Nel rapporto tra intermediari e risparmiatori va data sostanza alle regole, superando l’approccio prevalente del mero adempimento formale – dice Barbuzzi -. Bisognerebbe raggiungere una nuova sintonia tra le parti, specie in fase precontrattuale. Chi investe deve imparare a far le domande giuste su rischi e caratteristiche dei prodotti, chi li vende deve accertarsi della corretta esposizione e comprensione, per perseguire al meglio l’interesse dei clienti come chiede la legge». Se nel 2017 i ricorsi contro le banche venete rubarono la scena, l’anno scorso i dossier e le loro tipologie si sono sparsi tra Nord (32%), Centro (33%) e Sud (35%). Una parte rilevante arriva però ancora da un decreto del governo, il Milleproroghe che in autunno ha dirottato i 25 milioni ( stanziati dal governo Gentiloni per i bond ” traditi”) sugli azionisti delle due venete e delle quattro good bank chiuse a fine 2015. E ha affidato ad Acf l’esame dei ricorsi, accolti in 854 casi, pur nei limiti del dl che pone due tetti al 30% e a 100mila euro per quei ristori.
Andrea Greco