La Cassazione (sentenza 4234/2006), affrontando la questione dell’applicabilità delle sanzioni tributarie per l’omesso pagamento di tributi pregressi, ha precisato che il mancato pagamento del debito fiscale, per il fatto stesso dell’ammissione alla procedura concorsuale e dell’impossibilità di eseguire pagamenti prima dei tempi e nelle forme concorsuali proprie della cosiddetta procedura minore, non genera automaticamente l’esenzione dalla sanzione per l’impossibilità di eseguire il pagamento dopo l’ammissione alla procedura: va valutato il comportamento tenuto dal debitore con riguardo all’intenzionalità dell’inadempimento, correlata alla situazione di giuridica impossibilità di eseguire il pagamento. Ne deriva un’analisi caso per caso, per determinare le possibili conseguenze sul contribuente.
Il conflitto
Emblematica la situazione di chi entra nella procedura concordataria dopo aver chiuso in sede di adesione un accertamento notificatogli dall’amministrazione finanziaria. Infatti, in tal caso, qualora una delle rate derivanti da tale adesione scada nelle more dell’omologazione del piano concordatario, il contribuente, in caso di mancata concessione dell’autorizzazione, si ritroverà di fronte alla scelta tra il disattendere la decisione del Tribunale ed effettuare ugualmente il pagamento, così esponendosi a tutte le conseguenze, in primis la revoca dell’ammissione al concordato e la possibile dichiarazione di fallimento o il rischio di vedersi comminare il doppio della sanzione per omesso pagamento sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.
Prassi differenziate
Appare pertanto che in casi del genere debba ritenersi che le sanzioni per omesso versamento non dovrebbero applicarsi, essendo evidente il fatto che il mancato pagamento sia dipeso esclusivamente da cause estranee alla volontà del contribuente. Sul punto, ad oggi, deve però segnalarsi un non lineare orientamento dei diversi uffici dell’agenzia delle Entrate: a fronte di aperture sulla non comminabilità della sanzione, si riscontra la totale chiusura nel concedere la possibilità di fruire ancora della sanzione ridotta qualora il pagamento richiesto con l’avviso bonario, per accertamenti ex articolo 36-bis o 36-ter del Dpr 600/1973, non intervenga entro i 30 giorni dalla notifica dell’avviso a causa della mancata concessione dell’autorizzazione da parte del Tribunale.
Inoltre, è auspicabile un chiarimento sulla possibilità per l’agente della riscossione di notificare al contribuente in concordato preventivo una cartella di pagamento per somme precedentemente iscritte a ruolo. Sul punto si è sostenuto da parte di qualche ufficio locale dell’agenzia delle Entrate che, ferma restando la legittimità della notifica, l’agente della riscossione non possa procedere ad alcuna attività esecutiva ma, sulla base dell’articolo 90 del Dpr 602/1973, debba compiere ogni attività finalizzata all’inserimento del credito nel passivo della procedura concordataria. Una posizione che non sembra condivisibile: sebbene la notifica della cartella di pagamento non possa qualificarsi tecnicamente come primo atto della attività esecutiva, essa comporta un aggravio della posizione del contribuente, caricandolo non solo dell’aggio dovuto all’agente della riscossione ma anche del decorso degli interessi moratori. Risvolti negativi che si eviterebbero se, sulla base della lettera della norma, fosse prevista la nullità della notifica della cartella di pagamento stessa.