di Alessandro Galimberti
MILANO – Lo stalking diventa condominiale. Due anni dopo l'introduzione nel codice penale del reato di «atti persecutori» (articolo 612-bis) la Corte di cassazione, respingendo il ricorso di un condomino torinese terrore del suo palazzo (sentenza 20895/11, depositata ieri) allarga il perimetro delle condotte reiterate di minaccia e molestie. Secondo i giudici della Quinta sezione, è «riduttiva la lettura della norma (di stalking, ndr) nel senso che gli atti molesti debbano essere per forza rivolti contro una sola persona»; basta invece che lo scomodo vicino di casa, per esempio, abbia l'abitudine di rincorrere "random" ogni signora o ragazza incontrata nel palazzo, chiuderla nell'ascensore, minacciarla di morte e insultarla seguendola per strada. In questi casi l'ombrello dello stalking condominiale raggruppa tutti gli "eccessi" portati a compimento dal condomino. Il principio, inoltre, per la Cassazione, è estensibile anche al di fuori della convivenza forzata sotto lo stesso tetto, almeno tutte le volte che «la minaccia rivolta ad una persona può coinvolgerne altre o comunque costituirne molestia»: per esempio il disturbatore «che minacci d'abitudine qualsiasi persona attenda ogni mattino nel luogo stabilito un mezzo di trasporto per recarsi al lavoro» può incappare nello stalking da fermata d'autobus, se intercetta più d'una volta un pendolare che pure non rappresenta il suo obiettivo principale. Questo accade, secondo i giudici, perché «l'offesa arrecata ad una persona per la sua appartenenza a un genere turba di per sè ogni altra che faccia parte dello stesso genere». Da qui il vaglio di legittimità della sentenza dell'Appello di Torino, che ha riconosciuto provata la «direzione collettiva indiscriminata della minaccia occasionalmente rivolta alla B., che si era fatta accompagnare dal sacerdote per dissuadere (lo stalker, ndr) dal reiterare fatti già commessi anche nei confronti di altre persone abitanti nello stesso edificio». I singoli comportamenti del molestatore «in quanto ripetuti nei confronti di donne di qualsiasi età conviventi nell'edificio» coinvolgono tutte le residenti nel palazzo.
La sentenza a afferma poi un altro principio di diritto. Nel riconfermare la condanna dello stalker a due anni di reclusione, la Corte riconosce la contestabilità, in concorso con lo stalking, del reato di violenza privata: mentre gli atti persecutori influiscono sull'emotività della vittima, inducendola a cambiare abitudini e stile di vita, la violenza privata si realizza con condotte violente (non sempre e non solo così, invece, lo stalking) che costringono la parte offesa a «fare, non fare, tollerare o omettere qualche cosa». Quindi, mentre lo stalking è tecnicamente una fattispecie incriminatrice speciale rispetto alla minaccia o alla molestia (che perciò le assorbe), l'articolo 610 del codice penale è imputabile in concorso al molestatore seriale.