A metà dicembre è attesa la risposta della Banca centrale europea alle osservazioni di Carige dopo la bocciatura in occasione degli stress test di ottobre. A quel punto, si potrà esattamente stimare la necessità di nuova finanza in capo alla banca e dare il via all’operazione di aumento di capitale.
Andrà convocata un’assemblea straordinaria, chiamata a deliberare sull’operazione e, con i 45 giorni necessari per validare l’adunata, si andrà probabilmente a febbraio. Con l’aumento che entrerà nel vivo, presumibilmente, a marzo. In questo arco di tempo, Bonomi e tutti coloro i quali si sentono interessati, muoveranno per raggiungere un accordo con la parte potenzialmente venditrice, ovvero la Fondazione. A che prezzo? Per quale quota? Tutto da vedere, ancora.
Di certo, sarà un inverno lungo per Carige e per tutto il territorio che si riconosce nell’istituto. Ma la via sembra tracciata.
Nei giorni scorsi il presidente dell’istituto di credito, Cesare Castelbarco Albani, ha scritto una lettera di 11 pagine al vertice della fondazione, con la quale la banca «confida di aver fornito in maniera esaustiva i chiarimenti e le informazioni richiesti» dalla stessa fondazione dopo i risultati del Comprehensive assessment della Banca centrale europea. Basterà una lettera, per quanto corposa, a riportare banca e fondazione nella medesima direzione? Lo si capirà nelle prossime settimane. Intanto, dopo la pesante perdita evidenziata nel bilancio dei primi nove mesi dell’anno, l’amministratore delegato del gruppo, Piero Luigi Montani, che con Bonomi lavorò a diretto contatto già ai tempi della Banca Popolare di Milano, sta cercando di chiudere l’esercizio nel miglior modo possibile. Impresa non semplice per una banca che insiste soprattutto su un territorio che, a fronte di una ricchezza accumulata nel tempo, sta ora perdendo appeal industriale e che risulta ripetutamente flagellato dagli eventi atmosferici. Piove sempre sul bagnato.