17.06.2013

Caccia aperta a chi costa meno

  • Il Corriere della Sera

Sui mercati obbligazionari è tornata un po’ di agitazione da spread. Ma il rialzo dei prezzi di mercato, che fa da specchio al calo dei rendimenti, è ancora piuttosto marcato. La maggior parte delle obbligazioni societarie e dei titoli di Stato viene scambiata a quotazioni ben superiori al valore nominale, 100. In molti casi, il livello supera addirittura 110, se il valore della cedola è particolarmente elevato. Ma una quota non trascurabile di risparmiatori preferisce sempre acquistare strumenti il cui valore di mercato sia inferiore a 100. Un modo certo per evitare, al momento del rimborso, di subire perdite in conto capitale.
Fase
La complessa fase che sta vivendo il comparto obbligazionario, con il ritorno di un po’ di quell’incertezza che pareva accantonata, consiglia di rivolgersi a strumenti che offrano un livello di affidabilità interessante, sia tra le emissioni governative, sia tra i prestiti societari. E proprio il ritorno della volatilità, cui fa da compagno di viaggio il rialzo modesto del rendimento dei titoli di Stato tedeschi con durata decennale, potrebbe favorire nuovamente la domanda di titoli indicizzati all’inflazione, da un lato, o indicizzati a parametri di rendimento, quali i Cct, dall’altro. Non a caso, nel corso della seduta quindicinale di aste del Tesoro italiano ne sono stati proposti ben due, quasi una forma di bilanciamento dell’offerta di Btp con durate classiche a tre e quindici anni.
Il mercato secondario, luogo virtuale nel quale vengono scambiati gli strumenti già collocati in asta, consente a chi ha una modesta propensione al rischio di rivolgersi ad emissioni con durata medio breve, e, nel contempo, a chi ama maggiormente il rischio di acquistare obbligazioni o titoli di Stato con durata anche particolarmente lunga. Una diversificazione per chi ha un Dna prudente potrebbe comprendere emissioni con scadenza massima 2016, con una modesta puntata all’anno successivo.
Una quota minima di titoli con scadenza molto più lontana, quale l’ultimo prestito trentennale del Tesoro italiano, può essere indicata al 5% del portafoglio. Una percentuale simile non espone ad eccessivi rischi, ma rappresenta uno zoccolo duro di rendimento.
Se la propensione al rischio è più elevata, l’offerta del mercato cresce in misura esponenziale. In effetti, per sfruttare i bassi rendimenti che hanno caratterizzato il mercato obbligazionario da qualche tempo, i debitori privati hanno collocato prestiti con scadenze abbastanza lunghe. Negli ultimi anni, però, è aumentato il numero delle emissioni che fissano quote minime di sottoscrizioni sempre più alte, 100 mila euro, escludendo così una parte consistente di risparmiatori. Perfino Poste italiane ne ha offerto un quinquennale di questo tipo.
Per chi sceglie una composizione di portafoglio più aggressiva, una parte minoritaria dovrebbe essere dedicata alle emissioni con durata breve. Scadenze quinquennali, soprattutto, e decennali dovrebbero rappresentare l’ossatura del patrimonio. Anche se la capacità di assumere rischi è alta, non va trascurata la componente indicizzata dei titoli di Stato.
Alternative
Sia il Tesoro italiano, sia il Tesoro francese hanno collocato un discreto numero di prestiti con cedola e capitale indicizzato all’andamento dell’inflazione d’area euro, con l’esclusione della componente tabacco. Solo quello italiano, inoltre, ha collocato i Cct, titoli che dovrebbero trovare spazio sia nei portafogli meno aggressivi, sia nei portafogli più votati al rischio. Nel primo caso, la percentuale può raggiungere gradualmente il 15%. Nel secondo, la soglia può essere fissata alla metà, 7,5%. Alla fine del 2011 i prezzi di questi titoli crollarono in modo atipico, durante la fase più cruda della crisi. Ma in questo momento non sembrano esserci i presupposti per un’altra fase di difficoltà.