di Morya Longo
Sarà per il nome che ricorda il mitologico vaso da cui uscirono tutti i mali del mondo, ma Pandora – società danese di gioielleria – ieri ha dimostrato quali mali affliggano i mercati finanziari: la società è crollata in Borsa del 65% perché ha ridimensionato le previsioni sugli utili del 2011 e ha annunciato l'addio del suo numero uno. Ecco cosa affligge i mercati finanziari: la paura che il rallentamento economico in atto negli Usa e in Europa vada a ridurre gli utili aziendali (come successo a Pandora e al 51% delle aziende che fino a oggi hanno comunicato i conti semestrali nel Vecchio continente) e a rendere insostenibile la gestione dei giganteschi debiti degli Stati (a partire da quello italiano). La paura, insomma, è che prima l'America e poi il mondo intero precipitino in quello che gli analisti chiamano «double dip»: doppia caduta dell'economia. Una nuova recessione o stagnazione.
È questo che anche ieri ha assestato colpi duri alle Borse europee, che hanno bruciato 100 miliardi: Londra ha perso lo 0,97%, Parigi l'1,82%, Francoforte il 2,26% e Milano – la peggiore in Europa – il 2,53%. A Wall Street non è andata molto meglio: con un ribasso del 2,56%, ha registrato la peggiore serie di cali dai tempi del crack di Lehman. Per contro, gli acquisti si sono concentrati su quelli che appaiono come "porti sicuri". Innanzitutto sui Bund tedeschi: i loro rendimenti decennali sono addirittura scesi al 2,37%, andando sotto il tasso d'inflazione per la prima volta – calcola Radiocor – dal 1990. Poi sui T-Bond, cioé sui titoli di Stato americani: nonostante il rischio di un declassamento del rating, gli acquisti sono stati così forti che il rendimento è sceso di 13 centesimi al 2,62%. Infine sull'oro, salito sopra 1.645 dollari.
Il motivo è chiaro. Ai problemi che affliggono Europa e Usa da tempo (debito pubblico troppo elevato, deficit eccessivi), alle preoccupazioni attuali (la crisi politica in Spagna, l'incertezza sui tempi con cui il fondo europeo salva-Stati acquisirà i nuovi poteri) si aggiunge una croce nuova: il rallentamento dell'economia. Ieri il via alle preoccupazioni l'hanno dato alcuni nuovi indicatori americani: la spesa per i consumi è diminuita dello 0,2%, registrando il primo calo da due anni a questa parte, e i redditi delle famiglie sono aumentati al ritmo più lento da novembre. Tutti sanno che l'unica medicina per curare la malattia dell'eccesso di debito è la crescita economica: la stagnazione, o la recessione, rappresenterebbe dunque il colpo finale. Ecco perché il mercato è in tensione.
Questi timori si sono scaricati, come sempre, sugli anelli ritenuti più deboli della catena dei mercati. L'Italia, con il suo maxi-debito pubblico, è purtroppo tra le prime della lista: lo spread tra i BTp e i Bund è salito al record di 388 punti base, le banche sono crollate in Borsa più delle concorrenti estere (contro il -0,7% medio europeo Intesa Sanpaolo ha perso il 5,24%, UniCredit il 5,77% e Mps il 3,28%) e Piazza Affari è stata ancora la peggiore d'Europa.