di Luca Davi
Al banco di prova dei mercati, la manovra di immissione di liquidità della Bce non viene né promossa né bocciata: semplicemente, viene rimandata. Magari già ai prossimi giorni, quando si capirà in maniera più chiara qual è l'utilizzo reale che le banche europee vogliono fare di quei soldi: ecco la sensazione che ieri si raccoglieva tra alcuni dei principali operatori azionari italiani. Ed è stata questa la reazione dei listini: indici che hanno chiuso deboli, dopo un avvio nel segno della tonicità. Partiamo dai numeri: a fine giornata Londra ha perso lo 0,55%, Parigi lo 0,82%, Francoforte lo 0,95%, Milano lo 0,97%. Lo Stoxx europeo dei titoli bancari ha lasciato sul terreno ad esempio lo 0,7%, quello dei titoli assicurativi lo 0,65%, in una netta inversione di tendenza rispetto ai rialzi del giorno precedente. Non a tutti i comparti però è andata male: i titoli automobilistici hanno continuato il rialzo tanto da aver guadagnato lo 0,62%, nonostante la frenata di Fiat (-1,4%) e Pirelli (-2,3%).
Ferma Wall Street, con l'S&P 500 in progresso dello 0,03% e il Nasdaq a -0,9%. In smottamento invece il fronte dei titoli di Stato sovrani, con l'allargamento dello spread tra i rendimenti dei bond periferici e i Bund tedeschi. Il differenziale dei BTp decennali è ritornato ai livelli della vigilia dell'asta Bce, a 491 punti base (fonte Reuters, a 477 punti per Bloomberg) con un rendimento oltre quota 6,7 per cento. Stessa musica per i Bonos spagnoli, il cui ritorno sulla scadenza decennale è salito al 5,19%, con un salto di 22 punti base.
I motivi dello stallo
Dopo una seduta, quella di martedì, chiusasi con rialzi superiori in media al 2%, ieri dunque è stata la volta delle prese di profitto. I motivi di questa lieve frenata? Diversi, ma quasi tutti tecnici. Il primo ha a che vedere con la natura degli operatori più attivi sul mercato. «In questa fase il mercato azionario è in mano a hedge fund e fondi che non hanno particolare interesse a posizionarsi lunghi (ovvero in acquisto, ndr)» spiega il gestore di uno dei principali fondi azionari italiani. «Questi operatori non avrebbero il tempo materiale per accumulare i guadagni necessari per far tornare in positivo le performance annuali e far scattare così le commissioni che maturano solo con risultati annuali positivi». Chi deve comprare, insomma, non lo fa perché non è incentivato: si prenderebbe solo un rischio potenziale, senza possibilità di guadagnare con le commissioni della clientela.
Il secondo motivo di debolezza è invece costituito dalla particolare fase del mercato. La chiusura dell'anno tradizionalmente è anche il momento per fare pulizia nel portafoglio, liberarsi degli asset meno strategici e posizionarsi all'avvio del nuovo anno con in mano le partecipazioni più convincenti.
In ultimo, va detto che, bene o male che vadano le Borse, «i volumi che si registrano sono sottili, per non dire rarefatti, proprio perché siamo in chiusura d'anno e nessuno fa grandi operazioni». Ieri, ad esempio, sono state scambiate sul mercato azioni per 1,8 miliardi di euro contro i 3 miliardi del venerdì precedente. La scarsità dei volumi oltre a favorire la volatilità degli indici «rende quasi poco rappresentativa la risposta dei mercati a ciò che vi accade attorno», spiega un operatore.
Lo scetticismo sulla Bce
E l'asta della Bce, allora? Su questo tutti concordano: per quanto ieri le Borse abbiano mostrato un po' di scetticismo, è davvero troppo presto per dire se la mossa dell'Eurotower funzioni o meno. Di certo la risposta delle banche è stata impressionante: ben 523 sono stati gli istituti che hanno richiesto fondi per un totale di 489 miliardi di euro. Ora bisognerà vedere come verranno utilizzati questi fondi, e su questo si gioca l'andamento dei mercati nei prossimi mesi. L'auspicio degli operatori (e della stessa Bce) e che i soldi freschi vengano utilizzati per comprare titoli di Stato, soprattutto periferici, per calmierarne i rendimenti e raffreddare la crisi dell'Eurozona. Il rischio, invece, è che gli istituti europei usino la liquidità per farne un utilizzo meno "nobile": i soldi della Bce potrebbero ad esempio essere utilizzati per rimborsare i titoli delle stesse banche in scadenza, oppure per ricomprare parte del proprio debito sul mercato a prezzi più bassi. Queste ultime ipotesi sono quelle su cui scommettono gli operatori anglosassoni, che continuano a mostrare forte scetticismo sulla capacità dell'Europa di tirarsi fuori dalla crisi.