I mercati finanziari non possono crescere all’infinito. Partendo da questo assunto, bisogna constatare però che le Borse continuano a salire, toccando valori quest’anno che «sembravano irraggiungibili», di fronte alle incertezze globali, alle tensioni geopolitiche e, più di recente, alle elezioni americane. Questo mostra, ora più che mai, «uno scollamento» con la realtà. La verità è che il mercato azionario «si è polarizzato su un numero ristretto di società», a partire dalle big tech americane, «che hanno continuato a prosperare contribuendo alle buone performance delle Borse». Per cui, «è probabile che avremo ancora periodi positivi finché questo gioco continuerà». Anche perché «molte valutazioni sono nel range alto ma non sono fuori controllo come nel 2001 quando ci fu la bolla di Internet». In Italia però restano le sfide legate alla liquidità e alla capitalizzazione delle imprese che rappresentano ancora un freno per gli investitori. È questo il punto di vista di Guido Giubergia, presidente di Ersel, prima società in Italia autorizzata alla costituzione di fondi comuni di diritto italiano, con oltre 22 miliardi di masse ad oggi.
La questione della liquidità rappresenta «un elemento cruciale per il buon funzionamento dei mercati finanziari», in quanto i grandi investitori cercano mercati in cui possano smobilitare i loro investimenti rapidamente. In Italia «purtroppo sono pochi i titoli liquidi», che sono quelli delle grandi società come Enel, Eni, le grandi banche e assicurazioni. E si tratta comunque di capitalizzazioni «irrisorie» rispetto a colossi come Amazon, Apple o Nvidia. «Il fatto di non poter disporre dell’investimento in maniera liquida tiene gli investitori alla larga dai mercati italiani, poiché i tempi di smobilizzo possono estendersi per mesi».
Classe 1951, Guido Giubergia ha seguito le orme del padre (Renzo) e del nonno (Giuseppe), grazie al quale tutto ebbe inizio nel lontano 1936 con la fondazione dello Studio Giubergia, che poi si trasformò in gruppo Ersel, ottenendo nel 1984 il patentino numero uno da Bankitalia per la creazione dei fondi comuni di investimento. L’introduzione dei fondi ha consentito di avvicinare anche i piccoli risparmiatori agli investimenti azionari, che nella mente degli italiani erano riservati agli addetti ai lavori. «L’industria dei fondi ha avuto uno sviluppo colossale in Italia» e oggi si posiziona «tra le principali realtà europee». Il paradosso, osserva Giubergia, è che «i grandi gestori italiani si contano sulle dita di una mano», a fronte di grandi società di origine straniera, con un’ampia presenza di gruppi americani e britannici. «Se avessimo più fondi domestici concentrati sul Paese sarebbe un bene per tutti, perché rappresentano uno dei modi migliori per far affluire capitale alle aziende».
Fondersel, dalla sua nascita nel 1984 a oggi, ha offerto un rendimento medio annuo del 6,7% a fronte di un’inflazione media intorno al 3% ed è tra i pochissimi fondi ancora attivi di quell’epoca. Dopo l’introduzione della legge sui fondi e l’approvazione di Bankitalia «abbiamo fatto un lavoro a quattro mani (con Via Nazionale, Ndr) per dar vita al regolamento del fondo». Poi «abbiamo costruito il sistema informatico, che in Italia non esisteva, finché nell’agosto del 1984 il fondo Ersel è partito». Oggi sono presenti «clienti affezionatissimi» che hanno mantenuto le quote da allora.