Tribunali presi d’assalto. Boom di domande di preconcordati preventivi. Questo per effetto della cosiddetta riforma del fallimento, ossia la legge del 7 agosto 2012 n. 134, entrata in vigore l’11 settembre 2012 (si veda altro articolo in pagina), che ha facilitato la gestione della crisi aziendale attraverso una maggiore protezione del patrimonio sociale dell’impresa in crisi, l’agevolazione del ricorso ai finanziamenti e, qualora sussistano i presupposti, anche la conservazione e la continuazione aziendale. I numeri parlano chiaro: le richieste di preconcordato preventivo nel Tribunale del capoluogo meneghino, per fare un esempio, in due mesi e mezzo dall’entrata in vigore della legge sono circa 170. Nella sola regione Lombardia sono aumentate del 131% rispetto allo stesso periodo dell’anno 2011 (si veda tabella in pagina) le iscrizioni di concordato preventivo al registro delle imprese competente in relazione alla sede legale dell’impresa. A Roma le domande di preconcordato sono passate da 50 a 110. Nella regione Lazio sono incrementate del 143% le iscrizioni del ricorso di concordato preventivo al registro delle Camera di commercio competente. L’aumento esponenziale del ricorso alla procedura di concordato preventivo si sta allargando a macchia d’olio anche ad altre regioni italiane: Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Sicilia, Marche, Calabria, Campania, Trentino-Alto Adige, per citare le principali. In Toscana l’aumento percentuale è del 58% delle domande di concordato preventivo iscritte nei registri delle imprese competenti. In Emilia è del 145%, mentre in Veneto raggiunge il 110%. Addirittura in Trentino-Alto Adige tocca la punta del 700%, in Sicilia del 222%, in Calabria del 200%, in Campania del 150%, in Piemonte del 160% e nelle Marche 150%.
Ma perché molte imprese hanno atteso l’entrata in vigore della legge n. 134/2012 per presentare domanda di concordato, ingolfando le cancellerie fallimentari dei tribunali? Basta il solo deposito della domanda di ammissione con allegati gli ultimi tre bilanci (l’art. 161 l.f.). E concedere al richiedente un termine compreso fra 60 e 120 giorni (art. 161, 6 comma, l.f) prorogabili solo per giustificati motivi di ulteriori sessanta giorni, per presentare l’effettiva proposta concordataria, ovvero la richiesta di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l.f.). Questa proroga riveste un ruolo importante posto che dalla pubblicazione della domanda di preconcordato (che deve essere effettuata, dal cancelliere, al Registro delle imprese competente entro il giorno successivo al deposito) decorrono gli effetti protettivi di cui all’art. 168 l.f. che si traducono in un congelamento dell’esercizio delle azioni esecutive esercitabili nei riguardi dell’impresa.
A questo si va a sommare la previsione di inefficacia delle ipoteche giudiziali rispetto ai creditori concordatari iscritte nei 90 giorni anteriori alla pubblicazione della domanda (art. 168, ultimo periodo, l.f.). Con queste nuove modalità di gestione della procedura concordataria si ottiene un duplice effetto: da un lato la presentazione della domanda di ammissione a concordato preventivo (ovvero di omologazione di un accordo di ristrutturazione) consente di anticipare temporalmente e notevolmente la protezione del patrimonio sociale dell’impresa da un eventuale e quanto realistica aggressione dei creditori e, dall’altro, di avere invece il tempo di predisporre il piano, e dunque la proposta concordataria vera e propria preservando l’attività ordinaria. Anche se la procedura concordataria poi sfociasse in liquidazione il vantaggio che resta per l’impresa è la possibilità di trasferire dei rami aziendali.