Ferrovie dello Stato è pronta a soccorrere Alitalia, ma Boeing – al contrario delle voci degli ultimi giorni – non punta a un ingresso nell’azionariato della nuova compagnia. Se è vero, come spiega l’amministratore delegato di Ferrovie Gianfranco Battisti che il gruppo da lui guidato « potrebbe essere un partner per Alitalia, una opportunità se ci chiederanno di fare un piano industriale » ; più fredda è la posizione del colosso aerospaziale Usa che non sembra intenzionato a occuparsi di un business estraneo alla sua storia.
Fs chiede comunque un percorso chiaro e definito per entrare nel vivo della crisi della compagnia. Perché «ciò che va evitato – secondo Battisti, che ha parlato in un’audizione parlamentare – è la sovrapposizione di linee e rotte. Serve una maggiore sinergia tra i loro e i nostri servizi. Ad esempio – aggiunge il manager – è inefficiente che Alitalia abbia voli da Roma verso città coperte dall’alta velocità, come Firenze, Bologna, Napoli. Dovremmo invece cercare di essere complementari per integrare le offerte ».
Accanto a Fs nei giorni scorsi è spuntato dal cappello il nome di Boeing che, secondo il ministro Danilo Toninelli, potrebbe partecipare al salvataggio della compagnia italiana. Dopo Fs, la Cassa Depositi e molti nomi di aziende di Stato disposte o ” convinte” a versare un obolo per rimettere in carreggiata Alitalia, spunta dunque un giocatore internazionale molto forte.
«I nostri contatti con Alitalia sono costanti e vanno avanti da anni », spiegano fonti vicine al costruttore Usa che non entrano nel dettaglio della vicenda. Queste fonti precisano che si tratta comunque di normali rapporti tra venditore e acquirente, come avviene regolarmente nelle dinamiche di questo settore. E anche se il gruppo americano non si sbottona oltre misura, è difficile ipotizzare un suo improvviso interessamento da investitore.
L’unica strada percorribile per agevolare Alitalia in questa rinascita potrebbe passare attraverso un ” alleggerimento” degli anticipi da versare sui contratti di vendita degli aerei. Una possibilità che non viene esclusa nel caso di compagnie con l’acqua alla gola, come è già avvenuto con l’indiana Jet Airways. Non una partecipazione diretta nell’azionariato quindi, ma una sorta di sostegno all’acquisto visto che i nuovi modelli consumano considerevolmente meno rispetto a quelli utilizzati dall’ex compagnia di bandiera e il carburante è una voce di costo pesante per i bilanci. Ecco perché Alitalia dovrà mettere mano alla sua flotta e, in particolare, a quella di lungo raggio. E Boeing, su questo punto, ha un vantaggio competitivo nel nostro Paese rispetto al concorrente Airbus: il 15% del 787 Dreamliner (impiegato sul lungo raggio) è composto di parti costruite e assemblate in Italia, al contrario dei rivali franco-tedeschi.
Alitalia ha un bisogno urgente di nuovi aerei se vuole rimanere competitiva sulle rotte intercontinentali. Nonostante prezzi di listino che per il Boeing (“italiano” per un sesto) si collocano tra i 230 e i 280 milioni di dollari. In leasing sicuramente si strappano prezzi più convenienti se paragonati a quelli praticati negli anni scorsi dai lessors ( i proprietari) alla compagnia a trazione italo-araba, vicini ai 300 milioni di euro. Come dimostra uno studio di Icct ( International Council on Clean Transportation) Alitalia deve rinnovare la flotta in fretta anche per uscire dagli ultimi posti nel mondo per efficienza e impatto ambientale nei voli attivi tra l’Europa e il Nord America.
Lucio Cillis