In un paper pubblicato ieri, la società di analisi indipendente Oxford Economics ha previsto che il reddito reale disponibile dei tedeschi quest’anno aumenti del 3,5%: «Sarebbe la crescita più forte dal ‘91». Alla base c’è la tendenza già registrata nella seconda metà dell’anno scorso alla quale si aggiunge un mercato del lavoro dove la disoccupazione è bassa (6,5%) e l’offerta di posti è oggi più alta del 14% rispetto a un anno fa. Ciò si traduce in una tendenza alla crescita dei salari, ben registrata dall’accordo siglato pochi giorni fa dalla Ig Metall (sindacato metalmeccanico) nell’industrializzato land del Baden-Württemberg, dove da aprile gli aumenti saranno di un non frequente 3,4% (e rappresentano un modello per il Paese). Visto che l’inflazione nell’anno sarà negativa, calcola Oxford Economics, la crescita reale dei redditi disponibili sarà facilmente del 3,5%.
Ciò si dovrebbe tradurre in una spesa delle famiglie in crescita del 2,5% nel 2015, e questa sarà la voce più significativa nella crescita complessiva del Pil, prevista al 2,2%. Perché è importante? «Un periodo di forte crescita tedesca di origine domestica — dice il paper — riduce il rischio di una deflazione cattiva nella regione e dovrebbe fornire alle economie più deboli dell’area (europea) una spinta generata dalle importazioni». La «tirchieria» del consumatore tedesco e le politiche solo pro export di Berlino, molto vituperate di recente, sembrano dunque entrate in una fase di autocorrezione: non più priorità alle «egoistiche» esportazioni ma crescita della domanda interna che beneficia anche i vicini.
In positivo, per quel che riguarda l’eurozona, ieri la Bce ha anche fatto sapere che in gennaio i prestiti al settore privato sono cresciuti dello 0,5% rispetto allo stesso mese 2014 e che anche la massa monetaria in circolazione è cresciuta in gennaio del 9%, segno probabile di una ripresa in arrivo.
In questo quadro, è importante che gli acquisti di titoli della Bce che inizieranno la settimana prossima abbiano successo. Un problema è che titoli di Stato «buoni» da comprare ce ne sono ma non in quantità illimitate, e chi li possiede non è detto che li voglia vendere, soprattutto assicurazioni e fondi pensione che hanno in portafoglio bond che staccano cedole decenti ma che, vendendo, dovrebbero ricomprarne altri con rendimenti più bassi.
Ieri, il Wall Street Journal citava uno studio di Morgan Stanley nel quale si calcola che tra marzo 2015 e settembre 2016 la Bce dovrebbe comprare titoli di Stato tedeschi per 215 miliardi, cioè 26 volte di più di quanto crescerà la quantità di Bund in circolazione. È importante che nei momenti di svolta tutto funzioni senza intoppi.