Diversamente, proseguirà anche nel 2015 il calo dei finanziamenti bancari alle imprese, «seppure con intensità progressivamente decrescente», e con un doppio binario che penalizza soprattutto le piccole, «in media meno patrimonializzate e più esposte ai rischi della congiuntura». E non si tratta di mancanza di liquidità. Le banche ne hanno in abbondanza anche grazie ai prestiti della Bce. E ne hanno pure le imprese, perlomeno quelle di media e grande dimensione: le loro disponibilità liquide hanno raggiunto il 7,6% sul totale del passivo, oltre un punto in più della media del periodo 2004-2008. Mancano però i progetti, gli investimenti. È, insomma, un problema di domanda. Quanto alle piccole imprese, la questione è invece anche di offerta perché le banche con esse sono molto prudenti, visto che temono, a causa delle deboli prospettive di ripresa, di non vedersi rimborsare i finanziamenti.
Il debito pubblico, infine, che ha beneficiato del calo dello spread e dei tassi di interesse. L’investimento in titoli di Stato italiani, dice la Banca d’Italia, «è elevato». Anche da parte degli investitori esteri, che alla fine di giugno detenevano una quota del 29,4%, 2,4 punti percentuali in più rispetto alla fine dello scorso anno; nello stesso periodo la quota detenuta dalle banche italiane è passata dal 21,7 al 20,1%. In estate però gli investitori esteri hanno disinvestito, soprattutto a seguito del rinnovo solo parziale da parte del Tesoro dei titoli in scadenza. Nel 2015 i titoli a medio e lunga scadenza saranno pari a 205 miliardi, 15 in più di quest’ano, ma il Tesoro potrebbe continuare a non rinnovarli completamente, vista l’attesa diminuzione del fabbisogno da finanziarie. In generale, dice Bankitalia, nell’area dell’euro «aumentano i rischi per la stabilità finanziaria derivanti dalla perdita di vigore della crescita e dai persistenti bassi livelli di inflazione».