In una lunga audizione al Parlamento europeo, il banchiere centrale italiano ha sottolineato la debolezza della dinamica dell’inflazione, che a ottobre era a zero, contro un obiettivo della Bce di stare sotto, ma vicino al 2%.
La situazione è determinata principalmente dal ribasso del prezzo del petrolio. Per questo, secondo alcuni membri del consiglio, fra cui il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, la Bce dovrebbe guardare oltre questo fenomeno. Ma anche la risalita dell’inflazione di base (che era all’1% a ottobre, dopo lo 0,9% di settembre), depurata dai prezzi più instabili, come energia e alimentari, si è «un po’ indebolita», ha sostenuto ieri Draghi. Inoltre, la protratta fiacchezza dell’economia negli ultimi anni continuerà a pesare sulla crescita dei salari nominali, moderando le pressioni sui prezzi.
Secondo Draghi, «la normalizzazione sostenuta dell’inflazione può richiedere più a lungo» di quanto la Bce non prevedesse a marzo, quando ha dato il via agli acquisti di titoli, il cosiddetto Qe.
A proposito di quest’ultimo, il presidente della Bce ha sostenuto che si tratta di uno strumento «particolarmente potente e flessibile» e ha anche ricordato di aver detto in altre occasioni che, fra le opzioni a disposizione della banca, c’è l’allungamento del programma di acquisti oltre il settembre del 2016. Ha ripetuto inoltre che le modifiche possono riguardare anche le dimensioni degli acquisti (oggi di 60 miliardi di euro al mese) e la loro composizione. Ha poi aggiunto che la Bce ha a disposizione altri strumenti, che non ha specificato. Non ha citato esplicitamente un possibile taglio del tasso sui depositi delle banche presso la Bce stessa, già oggi in territorio negativo a -0,20%, una misura che aveva menzionato recentemente in varie occasioni e che i mercati finanziari ritengono che possa essere adottata a dicembre insieme al rafforzamento del Qe.
L’osservazione che uno degli input principali nella decisione saranno le nuove previsioni che lo staff della Bce presenterà il 3 dicembre (e che si prevede saranno abbassate sia sull’inflazione, sia sulla crescita dell’eurozona) è stata letta dai mercati come un via libera all’azione al prossimo consiglio.
Analoghi commenti erano venuti in questi giorni da altri membri del comitato esecutivo, come il vicepresidente Vitor Constancio e Benoit Coeuré, anche se la Bce vuole evitare di offrire l’impressione che la decisione sia già stata presa, a fronte della riluttanza di qualche componente del consiglio. In questo senso si è espresso per esempio il governatore della Banca centrale estone, Arno Hansson, il quale ha sostenuto che la Bce deve dar più tempo alle misure già attuate. Sulla stessa linea il presidente della Bundesbank, Weidmann.
La ripresa in Europa è lenta e graduale, ha detto Draghi, ma si è mostrata resistente all’indebolimento della domanda estera per le esportazioni dell’eurozona: le quote del mercato mondiale delle esportazioni europee sono cresciute. La crescita, ha affermato, è sostenuta dai consumi e, in misura crescente, dagli investimenti. Il presidente della Bce ha però anche sottolineato che «i rischi al ribasso derivanti dalla crescita globale e dal commercio internazionale sono chiaramente visibili». Il dato di ieri della produzione industriale di settembre, in calo dello 0,3%, dopo il ribasso dello 0,4% ad agosto, sembra esserne una conferma. La contrazione più marcata, dell’1,2%, è avvenuta in Germania.