Il progetto costruito attorno a Cassa Centrale dalle Bcc di Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia, prevede la creazione di un gruppo bancario cooperativo con Cassa Centrale come capogruppo, a cui secondo il dg Mario Sartori, potranno aderire nell’ipotesi «prudenziale» 91 Bcc (di cui il 32% trentine, il 33% provenienti da Veneto e Friuli Venezia-Giulia e il 35% da altre regioni) o, nella cosiddetta «ipotesi limite», fino a 150 banche (al 58% fuori Nord-Est), andando così a comporre un sistema da almeno 1.200 sportelli e quasi 53 miliardi di raccolta.
L’impianto previsto dalla federazione nazionale, secondo Fracalossi, «è incompleto, contiene l’aspetto valoriale che noi condividiamo ma manca un ragionamento industriale». Per questo, la riforma targata Cassa Centrale prevede che le singole Bcc siglino «un contratto di direzione e coordinamento», che «individua le regole per la fruizione dei servizi del gruppo», le «condizioni di permanenza», le «leve di enforcement» e «le cause di esclusione in caso di gravi violazioni». Questo contratto di adesione è modulato «sulla base di un approccio risk based»: è stato infatti costruito un modello di rating che suddivide le Bcc in tre classi di merito, consentendo di assegnare livelli di autonomia gestionale proporzionali alla loro solidità. I vertici di Cassa Centrale, in ogni caso, non nascondono che la realizzazione del progetto richiederà un intervento legislativo, dato che le attuali norme non consentono un’architettura simile. Per questo chiedono che sia garantita «la possibilità per le Bcc-Cr di scegliere a quale gruppo bancario cooperativo appartenere attraverso l’adesione al contratto di direzione e coordinamento, che sia abrogata «l’adesione obbligatoria un sistema di garanzia dei depositanti costituito nel loro ambito, permettendo quindi l’adesione diretta al fondo interbancario tutela depositanti» .
Ieri sera, in una nota Federcasse ha sottolineato che «in questo momento il centro dell’attenzione e la priorità continuano però ad essere la definizione delle nuove regole, senza le quali le iniziative industriali mancano di riferimenti essenziali. L’impegno di Federcasse, come noto, è sul piano normativo e non su quello industriale, che non le compete».