È vero, nel documento è scritto con chiarezza che il pensiero espresso da Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, è personale e non riflette in alcun modo la posizione della Banca centrale europea. Ma leggere in un occasional paper, il numero 40 della collana «Questioni di economia e finanza» pubblicato in questi giorni nel sito di palazzo Koch, che potrebbe essere rischioso rinviare l’applicazione di Basilea 3 e dei nuovi parametri di solvibilità, capitalizzazione e patrimoniali delle banche fa un certo effetto.
Soprattutto perché quel testo ha tra i suoi firmatari, oltre a Paolo Angelini e Sergio Nicoletti-Altimari, appunto il numero uno di via Nazionale. Convinto, come gli altri autori, che la crisi nata dopo il crac della Lehman brothers e un paio di anni dopo trasformata in Europa in crisi dei debiti sovrani abbia dimostrato che «le perdite sociali associate alle crisi bancarie e finanziarie possono essere altissime». Ragion per cui, le politiche macroprudenziali (cioè le strategie per limitare i rischi di una crisi di sistema) «dovrebbero tenere conto delle caratteristiche strutturali del sistema finanziario, con l’obiettivo di limitare i rischi, ridurre la prociclicità e aumentare la capacità di recupero, costruendo così nei periodi buoni paraurti robusti da utilizzare nelle avversità». Per via Nazionale, insomma, l’eventualità che il rinvio dell’applicazione di Basilea 3 da parte degli Stati Uniti convinca anche l’Europa e l’Unione Europea a dire sì a uno slittamento non è uno scenario tranquillizzante. Certo, il dibattito sulla possibilità che «il settore bancario sopporti un livello di capitalizzazione significativamente più alto» o che invece questi maggiori costi «si rivelino proibitivi» è aperto. Ma l’evidenza dei fatti, secondo Angelini,Nicoletti-Altimari e Visco, dimostra che le caratteristiche chiave dell’apparato microprudenziale sono «cruciali per prevenire l’instabilità finanziaria». «In particolare, il metodo per misurare i rischi sopportati dalle banche», prosegue lo studio, «tende a essere soggetto a indebolimento». Un modo elegante, questo, per dire che spesso le regole sono aggirate con fin troppa facilità dal mondo della finanza. «Il nuovo accordo di Basilea 3 affronta alcuni di questi problemi attraverso la revisione del metodo di calcolo del Rwa (Risk weighted assets, attività ponderate al rischio) e con l’introduzione di un tetto al leverage ratio (cioè al parametro che indica la leva finanziaria, ndr), un indicatore che è grezzo ma anche più semplice, trasparente e più difficile da manipolare», scrivono gli autori. «Entrambe queste modifiche della regole dovrebbero essere tenute sotto stretto controllo e rese più raffinate nel corso del tempo, tenendo presente che gli intermediari finanziari tendono a reagire rapidamente alle nuove regole e a renderle meno efficaci».
Una frase, questa, che associata ad alcune osservazioni molto tecniche sul funzionamento degli attuali indicatori di Basilea 3 e agli ultimi dati forniti dal Financial stability board secondo i quali gli asset gestiti dallo shadow banking in 25 paesi e nell’intera Eurozona sono aumentati di 6mila miliardi di dollari in un anno, a quota 67mila miliardi, lascia intendere come via Nazionale sia contraria al rinvio e favorevole, invece, a quello che in gergo si definisce fine tuning, cioè a una messa a punto in corso d’opera del funzionamento dei parametri. Una posizione che contrasta in parte con quella espressa di recente da Confindustria, che il 9 novembre scorso, dopo che la Federal reserve ha annunciato il rinvio dell’applicazione di Basilea 3 negli Usa, ha invitato l’Ue a «una pausa di riflessione». Come ha sottolineato il presidente del Comitato credito di Confindustria e della piccola industria Vincenzo Boccia, che ha chiesto in sostanza uno stop temporaneo «anche da parte delle istituzioni europee per ripensare la normativa e valutare eventuali modifiche e semplificazioni». Viale dell’Astronomia aveva accompagnato la richiesta con la considerazione che «l’omogeneità delle regole e l’uniformità nella loro applicazione in tutti i paesi destinatari della regolamentazione sono elementi fondamentali per raggiungere pienamente l’obiettivo della stabilità del sistema finanziario. E questo anche per assicurare condizioni di parità competitiva tra gli operatori del mondo finanziario e produttivo dei diversi paesi». Argomenti che hanno trovato in via Nazionale una accoglienza che sembra, se non fredda, quantomeno non entusiastica.