«Ciascuno giudica bene ciò che conosce, e solo di questo è buon giudice». La schiera di banchieri, che ha sfilato a Milano per prendere parte all’esecutivo dell’Abi, si è trincerata dietro alle parole di Aristotele per non esporsi ufficialmente su un tema scottante come quello della nuova formazione politica e delle proposte di governo. Eppure l’umore dei top manager, interpellati sulla bozza programmatica, poi dichiarata superata, che vorrebbe l’uscita dall’euro e la cancellazione di 250 miliardi di titoli di stato legati al Qe, sembra chiaro.«Cosa ne penso? Ve lo potete immaginare», si è limitato a dire Fabrizio Saccomanni, presidente di Unicredit, ex direttore generale onorario della Banca d’Italia ed ex ministro dell’economia del governo Letta. Più esplicito Massimo Doris, a.d. di Banca Mediolanum: «Mi sembra poco realizzabile, penso che gli altri paesi avrebbero qualcosa da ridire». Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, si è invece espresso in maniera diplomatica: «Aspettiamo un accordo, aspettiamo la formazione del governo. Naturalmente sarà il presidente della repubblica a decidere, ad accogliere ed eventualmente approvare le proposte che riceverà. I mercati sono tranquilli e questa è una buona cosa». Dichiarazioni che, tuttavia, erano state pronunciate in mattinata. In seguito, con le nubi sempre più fosche sui mercati, il numero uno di Ca’ de Sass non si è scomposto: «Le banche stanno lavorando bene, c’è stato un risanamento dei bilanci, la riduzione dei crediti non performanti è in corso».
Il più prudente è Antonio Patuelli, presidente dell’Abi: «Attendo di esaminare gli atti ufficiali resi noti al parlamento, non rilascio ulteriori dichiarazioni».