Saranno necessari «sacrifici» — ha sottolineato Viola — anche da parte degli undicimila bancari dei due istituti, destinati alla fusione come unica via per sopravvivere. Il fabbisogno stimato dalla Bce è di 6,4 miliardi di euro. Ma il via libera da parte della Concorrenza Ue (Dg Comp) alla «ricapitalizzazione precauzionale» non è scontato. Il tema della «accessibilità» è ancora aperto: «È come un esame orale», ci vorranno settimane di trattative, anche se «vedo le autorità impegnate a trovare soluzioni», ha detto Viola.
Una buona parte di queste soluzioni verteranno sui risparmi di costi. Viola non è entrato nei numeri — si parla anche di 4 mila esuberi, comprese le dismissioni — ma ha sottolineato che «il cost/income è pari al 100%: ridurre in modo significativo i costi è un obbligo morale. L’obiettivo è di non fare macelleria sociale ma di usare tutti gli strumenti a disposizione anche dal governo per non avere ricadute sul territorio», ha detto. «Nessuno vuole mandare a casa la gente ma dobbiamo essere consapevoli che la situazione è molto molto molto grave».
Sulla crisi delle banche venete è intervenuto ieri il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Nel caso di PopVi, ha detto in audizione all’Europarlamento, «ai problemi macroeconomici si sono aggiunti comportamenti fraudolenti». Ma l’Italia non ha un problema sistemico per i crediti in sofferenza (npl): «Non si può parlare di una bomba a orologeria per qualcosa che vale meno del 1% del Pil. «Abbiamo un complesso di sofferenza di circa 80 miliardi», e solo 20 miliardi in Mps e nelle venete, e quelle delle banche più sane «non richiedono di cederle immediatamente sul mercato». Visco ha anche sottolineato che l’attuale rapporto tra tutte le autorità europee è «molto importante» e «sono fiducioso che un progresso, senza costi elevati, possa portare al risanamento delle banche».