06.06.2017

Banche venete, nel cantiere anche l’ipotesi convertibile

  • Il Sole 24 Ore

«Serve fantasia», si ripete da giorni nei corridoi del Tesoro a proposito della spasmodica ricerca di una soluzione per Popolare di Vicenza e Veneto Banca. L’ovvietà, d’altronde, non basta per trovare – come richiederebbero Bce e Dg Comp – privati disponibili a investire nelle due banche 1,25 miliardi subito prima o contestualmente alla loro nazionalizzazione. Di qui le tante ipotesi formulate in questi giorni, tra cui ce ne sarebbe anche un’altra, finora rimasta sotto traccia: l’emissione di strumenti ibridi di capitale, convertibili o additional tier 1.
Ma al di là delle ipotesi tecniche, è ancora il fronte politico il più caldo nel negoziato. Il confronto è ancora appeso alla possibilità di rivedere al ribasso gli 1,25 miliardi. Il fattore tempo rimane la variabile essenziale, e il governo punta a ottenere risposte in settimana, senza escludere nessuna ipotesi di intervento. L’unico scenario escluso ufficialmente resta quello del bail in, e l’obiettivo centrale è di costruire a stretto giro una platea di investitori in grado di portare nuovo capitale. Per riuscire ad accendere un interesse che al momento rimane freddo bisogna minimizzare il rischio di nuove perdite, e per questa ragione in cantiere ci sarebbe anche l’ipotesi di un nuovo provvedimento in grado di dare garanzie ai possibili investitori: una strada non semplice, perché per evitare le maglie dei divieti agli aiuti di Stato occorre coinvolgere soggetti fuori dal perimetro del consolidato pubblico.
Se le tormentate vicende spagnole del Banco Popular (si vedano gli articoli qui a fianco) aiutano a dare rilevanza europea al tema dei salvataggi bancari, c’è un precedente portoghese che nelle ultime ore ha incoraggiato i negoziatori italiani a sondare la Commissione sulla strada delle obbligazioni. È?quello della Caixa General de Depòsitos, che il 10 marzo scorso si è vista autorizzare dalla Dg Comp un piano di rafforzamento da 3,9 miliardi che comprendeva al suo interno l’emissione di 930 milioni di bond additional Tier 1 a favore di investitori «non collegati allo Stato portoghese». Come le due banche venete, la Caixa, che è completamente pubblica e leader di mercato nel Paese, a fronte di un gap di capitale riconosciuto dalla Bce ha dovuto presentare un piano industriale con scadenza 2020, che è stato vagliato dalla Dg Comp quanto a possibili violazioni della disciplina sugli aiuti di Stato, e dopo un’istruttoria di alcuni mesi la struttura guidata da Margrethe Vestager ha concluso che la «ricapitalizzazione è portata avanti a condizioni di mercato, e che pertanto non prevede alcun ulteriore supporto pubblico». Se Bruxelles ha autorizzato il ricorso agli At1 per Caixa, potrebbe fare altrettanto con le venete, si ragiona in questi giorni tra Via XX Settembre e Via Nazionale, dove i tecnici sono al lavoro su un bouquet di proposte da inviare a breve alla Dg Comp; nel disegno allo studio, i titoli in questione potrebbero addirittura essere coperti da garanzia statale (che ne accrescerebbe l’appeal ma potrebbe complicare la trattativa) o proposti ai fondi di private equity ricontattati recentemente: i fondi, da Atlas a Baupost, sono ovviamente refrattari a un intervento a fianco dello Stato, invece un convertibile consentirebbe loro di entrare nel capitale solo in caso di effettivo risanamento.
Certo è solo una ipotesi delle tante allo studio. Di certo, come si diceva, c’è che si vuole evitare il bail in e più in generale il coinvolgimento degli obbligazionisti senior, ma sullo sfondo resta la “tentazione” di forzare la mano alla Dg Comp ventilata da Matteo Renzi nella sua intervista a Il Sole, applicando la legge che disciplina la ricapitalizzazione a carico dello Stato e gestendo poi il contenzioso con Bruxelles. Un dato è certo: «Servono tempi rapidi», come è tornato a sottolineare ieri il presidente di Veneto Banca, Massimo Lanza, al termine del cda. Lanza non ha comunque voluto fare previsioni, nemmeno in termini di auspicio, sui tempi per il via libera Ue al salvataggio: «Citofonate a Bruxelles».
A spingere per un accordo è anche il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che ieri ha promesso di intervenire in prima persona nei prossimi giorni per “caldeggiare” l’intesa ai vertici Ue.

Marco Ferrando
Gianni Trovati