di Sergio Bocconi
MILANO — E ora sulle banche italiane pesa il proprio debito sovrano. I nostri maggiori istituti, che svolgono in prevalenza attività retail e quindi mostrano in un confronto europeo punti «strutturali» di debolezza (scarsa redditività) e di forza (leva bassa, raccolta stabile, scarsa esposizione alle attività più rischiose), hanno un Grande Problema: sono piene di Bot e Btp. Non è certo una novità ma questi titoli, che fino a qualche mese fa erano risk free, oggi sono considerati «bombe» finanziarie che possono esplodere da un momento all'altro.
Big italiane penalizzate dunque dal proprio rischio Paese: è quanto emerge dal rapporto sulle «Maggiori banche europee nel primo semestre 2011» realizzato da R&S-Mediobanca. Che inizia sottolineando come nella prima parte di quest'anno le prime 20 banche europee (per l'Italia Unicredit e Intesa Sanpaolo) hanno visto gli utili cadere del 25,5%, risultato a cui hanno contribuito in modo consistente voci straordinarie come la svalutazione dei titoli di Stato greci (4,5 miliardi, poi diventati circa 9 nei nove mesi). I nostri due principali istituti hanno confermato una redditività più bassa rispetto alla media europea (4,5% contro il 6,5% in una graduatoria che vede primi Ing con il 14,3% e Deutsche bank e Bbva con il 13,9%) per motivi sostanzialmente strutturali: sono banche prevalentemente retail. Quindi hanno anche una morfologia di attività e bilancio che presenta sotto questo profilo anche punti di forza. A cominciare dalla leva (totale attivo sul patrimonio netto): è pari a 17,9 per Intesa e a 20,8 per Unicredit contro una media di 27,6 e punte come Dexia (75,8) e Deutsche (50).
E sempre perché istituti retail, le nostre banche hanno impieghi che rappresentano la stragrande maggioranza degli attivi (60%) contro una media europea decisamente più bassa (42%), a fronte di una raccolta diretta da clientela che rappresenta il 93,5% degli impieghi contro una media del 77,8%. I derivati invece non superano il 6,8% dell'attivo contro una media del 17%. E ancora: le attività di livello 3, le più rischiose in assoluto e praticamente illiquide, nelle nostre banche rispetto al patrimonio di vigilanza sono pari a un quinto (Intesa) o a metà (Unicredit) della media europea.
Poi però ci sono le «nuove» attività rischiose: i titoli di Stato dei Paesi cosiddetti Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). R&S-Mediobanca calcola che le 20 maggiori banche europee hanno una esposizione verso questi debiti sovrani a fine giugno pari a 340,8 miliardi, 186 dei quali verso bond italiani. E se i primi tre istituti francesi hanno il «primato» sui bond greci con quasi 8 miliardi, seguiti da quelli del Benelux (quasi tutto Dexia) con 4,4 miliardi e dai tedeschi (3,3), Italia e Spagna sono ovviamente i primi detentori dei «propri» titoli: Intesa e Unicredito hanno in portafoglio bond nazionali per complessivi 103 miliardi, Bbva e Santander per 104 miliardi. Situazioni ordinarie diventate «straordinarie» per la nuova classificazione dei rispettivi debiti sovrani.