07.07.2014

Banca Monte dei Paschi dopo l’aumento di capitale la sfida della redditività

  • La Repubblica

«Un traguardo impensabile anche solo un anno fa». È vero quel che dice Viola. L’amministratore delegato di Banca Monte dei Paschi ha posto giustamente l’accento sul successo dell’aumento di capitale da 5 miliardi, quasi il doppio della precedente capitalizzazione da 2,7 miliardi. Una mission quasi impossibile, su cui pochi avrebbero scommesso pochi mesi fa. Invece l’aumento di capitale è andato quasi totalmente sottoscritto, con un inoptato residuale dello 0,15 per cento, peraltro poi andato a ruba. Sì, davvero Mps ha fatto un mezzo miracolo evitando per un soffio ciò che più temeva, ovvero la nazionalizzazione della banca, e rimborsando quasi 3,5 miliardi allo Stato. E, come ha detto il presidente Profumo, creando di fatto un buffer, un cuscinetto d’emergenza per affrontare la sfida in atto degli stress test e dell’asset quality review, i severi esami dell’Autorità bancaria europea sulla solidità dei bilanci degli istituti di credito continentali. Tutto vero. Ma ora il Monte si trova nella situazione di chi, correndo verso un burrone e avendo perso il controllo della macchina, è riuscito a bloccarla all’ultimo momento. La banca ha evitato il peggio ma il terreno su cui si muove è altamente instabile. Al piano di sopra, ovvero a livello di azionisti, sapremo entro pochi giorni chi sono i nuovi soggetti entrati nel capitale dell’istituto dopo l’aumento di capitale. Tuttavia la sensazione, al momento, è che non sbucheranno

dal nulla nuovi e importanti azionisti. Il pallino resterà dunque in mano per un po’ di tempo all’attuale patto di sindacato tra la Fondazione (2,5 per cento), Btg Pactual (2,12), Fintech (4,5) e Axa (3,725). Ma è un pallino destinato a cadere presto. Fintech e Btg Pactual non sono investitori strategici ma fondi che vogliono soltanto aspettare un po’ finché non si presenta la buona occasione per uscire con un buon guadagno. Dunque chi davvero comprerà la banca di Siena non ha ancora fatto capolino (si era parlato di Bnp Paribas, ma c’è chi ha tirato in ballo anche il Banco Santander – lo stesso che, vendendogli Antoveneta ha fatto sprofondare Mps). C’è tuttavia la diffusa sensazione nel mercato che Mps finirà in un merger transnazionale. Mentre si attendono sviluppi sul fronte mobile della governance e mentre la città non ha ancora digerito lo shock della perdita di controllo della banca (la Fondazione era al 51 per cento solo un pugno di mesi fa), il management è impegnato nel prosieguo del risanamento. Lo sforzo di riduzione dei costi è stato imponente, con un meno 14 per cento nel 2013, e dopo il meno 3,7 del 2012. Il solo costo del personale è sceso annualmente del 6 per cento medio all’anno dal 2009 al 2013. E nel primo trimestre di quest’anno c’è stato un ulteriore meno 5,2 per cento sullo stesso periodo dell’anno precedente. Ma resta sul tappeto il problema più grave, quello dei ricavi calanti. Perché se non c’è una ripresa dei ricavi hai voglia a tagliare i costi, è come un cane che si morde la coda, l’equilibrio non si ristabilisce mai. Anche nel primo trimestre del 2014 i ricavi sono calati a 957 milioni rispetto ai 1.142 dello stesso periodo del 2013. Certo, sono tanti i motivi per cui ciò accade: i tassi bassissimi, che comprimono i guadagni; la necessità di maggiori accantonamenti per i crediti deteriorati in una situazione di stagnazione economica; e, non ultima, la riduzione degli impieghi dovuta al processo di deleveraging concordato con la Ue. Alla fine avremo un altro anno in perdita: 445 milioni sono previsti nel 2014 dall’ultimo report di Banca Imi del 29 maggio, contro i 1.438 del 2013. La stessa banca Imi sposta il ritorno a una redditività (più 348 milioni) solo nel 2015. Sul fronte dell’asset quality review, poiché i crediti non hanno smesso di deteriorarsi, potrebbero essere necessari ulteriori accantonamenti, e questo potrebbe mangiare buona parte del buffer creato con l’aumento di capitale. L’ultimo problema, forse non il più piccolo, è quello della liquidità. Mps deve restituire alla Bce (dati ad aprile scorso) 24 miliardi di Ltro. A dicembre dovrà restituirne 10, il resto a febbraio 2015. Potranno essere sostituiti con altre forme di rifinanziamento che però avranno durate molto minori. Teoricamente Mps potrebbe accedere anche ai nuovi Tltro, finalizzati alla crescita degli impieghi: ma Mps si è impegnata con la Ue a ridurli. AL COMANDO Nelle foto a sinistra, il presidente della Banca Monte dei Paschi, Alessandro Profumo (1); Fabrizio Viola (2), amministratore delegato dello stesso istituto e Antonella Mansi (3), presidente uscente della Fondazione