26.06.2012

Atene senza ministro. E Cipro invoca il Fondo salva Stati

  • Il Corriere della Sera

Al vertice di giovedì e venerdì la Grecia arriva con il nuovo governo ma senza i suoi ministri più importanti. Il premier Antonis Samaras è stato operato d’urgenza alla retina e i medici gli hanno impedito di viaggiare fino a Bruxelles anche solo in auto. Vassilis Rapanos ha rinunciato all’incarico di ministro delle Finanze ancora prima di venire nominato: venerdì è collassato, non ha potuto giurare, è in ospedale e si sta sottoponendo agli esami. «L’incidente dimostra — scrive in una lettera a Samaras — che il mio problema di salute non è superato. Con i dottori ho stabilito che per ora non sono in grado di adempiere al ruolo in modo adeguato».
Incarcerato per quasi cinque anni dai Colonnelli nel 1969, torturato perché partecipava alla resistenza contro la dittatura, Rapanos «sarebbe stato perfetto, è l’uomo che può parlare alla destra e alla sinistra» commenta Yiannis Tsarmougelis, economista all’università dell’Egeo, alla rivista Business Week. Ieri la Banca Nazionale Greca, di cui Rapanos è presidente, ha perso il 13,61 per cento assieme al crollo che non si ferma degli altri istituti: -18,40 per cento per Alpha e -16,31 per cento per Eurobank. Da ministro delle Finanze avrebbe dovuto anche supervisionare la ricapitalizzazione delle banche locali per 48 miliardi di euro.
Samaras, che ha ricevuto una telefonata di sostegno dal presidente americano Barack Obama, incontra oggi gli altri due leader della coalizione guidata dai conservatori per trovare un sostituto. L’ex premier tecnico Lucas Papademos, già vicepresidente della Banca Centrale Europea, andrebbe bene al primo ministro ma non al socialista Evangelos Venizelos e a Fotis Kouvelis di Sinistra Democratica. Sono loro a garantire la sopravvivenza del governo con l’appoggio esterno dei deputati.
George Zanias è il ministro delle Finanze nel governo temporaneo che ha amministrato il Paese per quaranta giorni tra un’elezione e l’altra. Potrebbe conservare l’incarico e andare giovedì a Bruxelles. Dove però due anni fa è collassato anche lui, dopo undici ore di trattativa per negoziare il secondo piano di salvataggio per la Grecia. Era consigliere economico del premier socialista George Papandreou, che ha perso il posto quindici giorni dopo. Al vertice europeo il governo greco vuole tentare di ammorbidire le misure di austerità definite a febbraio in cambio di 130 miliardi di euro: l’obiettivo è ottenere fino al 2016, due anni in più di quelli concordati, per raggiungere l’equilibrio di bilancio.
Samaras e gli alleati promettono nel programma della coalizione di congelare i tagli tra i dipendenti pubblici, proprio quando il settimanale To Vima, di proprietà del gruppo Lambrakis, pubblica un documento della Troika (Unione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale) che accusa Atene di non aver rispettato l’accordo sulla riduzione degli impiegati statali tra il 2010 e il 2011: «I ministri mentre legiferavano per diminuire i posti ne creavano altri per rispettare gli impegni della campagna elettorale». L’intesa avrebbe previsto che per ogni cinque pensionati venisse assunto un solo nuovo funzionario.
La Germania ha già detto di non essere pronta a concedere sconti e ripete di voler attendere il prossimo rapporto degli esaminatori della Troika, che hanno rinviato la visita ad Atene prevista per ieri. «Non aspettatevi decisioni sulla Grecia dal Consiglio europeo di giovedì e venerdì», commenta Steffen Seibert, portavoce del governo di Berlino.
Il Paese è al quinto anno di recessione, la disoccupazione ha raggiunto il 22,6 per cento e ha superato il 51 tra i giovani. La crisi economica greca trascina giù anche Cipro costretta a diventare la quinta nazione dell’Unione a chiedere l’intervento del fondo salva-Stati.
Il governo cipriota, che il primo di luglio prende la presidenza di turno dell’Ue, dovrebbe indirizzare gli aiuti alle sue banche, tra le più esposte con Atene. Fitch ha declassato ieri il rating del credito sovrano di Nicosia a livello spazzatura: l’agenzia calcola che gli istituti di credito ciprioti avranno bisogno di almeno 4 miliardi di euro, il 20 per cento del prodotto interno lordo.