25.09.2012

Anticorruzione, Monti bacchetta il Pdl

  • Il Sole 24 Ore

Mario Monti conferma che l’anticorruzione è una riforma che il governo «vuole portare avanti» e aggiunge: «L’inerzia di una parte politica è comprensibile ma non scusabile». Ogni riferimento al Pdl non è puramente casuale, visto che il partito di Alfano (che peraltro presentò il ddl nel 2011, sia pure in un testo definito acqua fresca dall’Europa) ostenta riserve e critiche, un giorno sì e l’altro pure, sul testo approvato dalla Camera a giugno e ora al Senato. Il presidente del Consiglio ribadisce che la riforma è una priorità e lo fa aprendo la conferenza Ocse sulle riforme strutturali. E nel chiuderla, il segretario generale dell’Organizzazione parigina, José Ángel Gurría, ha detto: «Vediamo con molta preoccupazione» la possibilità che i partiti tornino indietro rispetto alle riforme del governo Monti. Un risultato che non solo non vogliamo vedere, ma che è anche pericoloso». Nel Rapporto Ocse sull’Italia presentato ieri a Roma si legge infatti che aziende e cittadini italiani «vedono nella corruzione un fattore aggravante che contribuisce alla crisi del debito», che questa questione «è una priorità per l’attuale governo» invitato a «rafforzare, anche con l’adozione del ddl anticorruzione, gli strumenti per la lotta contro la corruzione e per l’integrità della pubblica amministrazione».
Dunque, a pochi giorni dalla presentazione degli emendamenti al Senato (il termine scade giovedì 27 in commissione), le parole del premier confermano la volontà del governo di andare fino in fondo. Con o senza modifica. Lo spiega ai giornalisti, nel pomeriggio, il ministro della giustizia Paola Severino: «La riforma va approvata prima della fine della legislatura. Se il mezzo migliore per farlo è non cambiare il testo, non si cambia; se il mezzo migliore è modificarlo, si modifica purché ci sia un accordo politico molto, molto forte che consenta di arrivare al voto finale entro la fine della legislatura». Come accadde alla Camera, anche al Senato il ministro attende di leggere gli emendamenti e poi avvierà un confronto con la maggioranza per raggiungere una possibile mediazione. Ovviamente di fiducia non si parla ancora, ma è evidente che le parole del premier davanti all’Ocse (che da tempo ci incalza per adeguare la normativa anticorruzione sul fronte internazionale) sono più che un impegno per il governo, da portare fino in fondo con tutti gli strumenti consentiti. A dicembre, peraltro, l’Italia dovrà rendere conto proprio all’Ocse dei passi avanti realizzati.
Peraltro, nel ribadire la volontà di approvare la riforma, Monti ha aggiunto che sarà fatto nell’ambito di un «pacchetto equilibrato sulla giustizia». A che cosa si riferisse, non è chiaro: se al pacchetto giustizia del governo (corruzione, carcere, giustizia civile) o se al «trittico» più volte rivendicato dal Pdl, richiamando l’accordo politico siglato da ABC lo scorso marzo a Palazzo Chigi, e composta da corruzione, intercettazioni, responsabilità civile dei giudici. «Forse bisognerebbe chiederlo al presidente – risponde Severino ai giornalisti -. Il pacchetto, come l intendo io, è fatto anzitutto dell’anticorruzione, con tutto il contorno di misure di prevenzione e amministrative; il carcere, e oggi è in discussione alla camera il ddl su depenalizzazione e misure alternative, che sono un coronamento importante di tutto ciò che il governo ha pensato sulla deflazione carceraria e sul carcere come extrema ratio. Poi ci sono ulteriori progetti riguardanti la giustizia civile». Quanto a intercettazioni e responsabilità civile, «noi siamo pronti» dice Severino, sottolineando però che «la calendarizzazione di questi provvedimenti rappresenta un timing che proviene dal Parlamento».
I commenti alle parole di Monti sono stati di piena condivisione da parte del Pd, che insiste per approvare l’anticorruzione anche così com’è e accusa il Pdl di fare melina; il Pdl, invece, rivendica di volere la riforma, «ma con dei contenuti», sebbene al suo interno c’è chi, come Isabella Bertolini, richiama i suoi a «non fare più melina e a non far cadere l’appello di Monti».