25.02.2015

Allarme di Lagarde “Sessismo sul lavoro c’è un complotto contro le donne”

  • La Repubblica

UNA delle donne più potenti del mondo, Christine Lagarde, alla guida del Fondo monetario internazionale, usa un linguaggio battagliero: «C’è una cospirazione contro le donne». Dall’alto della più potente organizzazione economica internazionale, quell’Fmi che fa tremare governi indebitati di mezzo mondo, la sua direttrice generale rivela un animo femminista, più radicale di quanto si credesse. «In troppi Paesi — scrive la Lagarde nel suo blog — le restrizioni legali cospirano contro le donne per impedirci di essere economicamente attive. In un mondo che ha tanto bisogno di crescita, le donne possono dare un contributo, se solo hanno di fronte a sé delle pari opportunità, invece di una insidiosa congiura». Parole pesanti: cospirazione, congiura, che altre volte sono state usate in ben altro contesto, e spesso a proposito dell’Fmi.

Dai paesi del Terzo mondo costretti negli anni Ottanta a digerire amare terapie di austerity, fino alla Grecia di oggi, spesso le teorie del complotto sono state applicate proprio agli interventi dell’Fmi. In quanto a Lagarde, che fu ministro dell’Economia in Francia sotto la presidenza Sarkozy, deve il suo posto attuale a un’altra “presunta congiura”, quella che secondo alcuni socialisti silurò Dominique Strauss-Kahn da quel posto. Complotti o meno, DSK è diventato un simbolo di arroganza maschile, di sete del potere che si accompagna ad appetiti sessuali smisurati. Lagarde ha portato nell’austera isti- tuzione di Washington un nuovo stile, elegante e sobrio. Uno stile che include piccoli gesti simbolici, come quel suo esibire orgogliosamente i capelli bianchissimi. Niente tinta, una donna non deve essere schiava delle apparenze e dei diktat d’immagine.
Poche ora prima, un’altra donna, Patricia Arquette, ha pronunciato il discorso più politico nella notte degli Oscar, in difesa di tutte le donne. Arquette ha ricevuto il premio per il suo ruolo in Boyhood dove recita una madre single, impegnata a educare i propri figli tra mille difficoltà, anche economiche. L’appello di Patricia è stato vibrante di passione. «Ad ogni donna che ha partorito un figlio, a ogni mamma-contribuente, e cittadina: abbiamo lottato per la parità di diritti di tutti gli altri. Ora tocca a noi. È ora di ottenere la parità dei salari una volta per tutte, per le donne americane».
L’ultima uscita della Lagarde è motivata da uno studio importante. Il Fmi ha appena sfornato un’imponente ricerca sui danni del sessismo. «In più di 40 nazioni, tra cui molte ricche e avanzate, si perde più del 15% della ricchezza potenziale, per effetto delle discriminazioni contro le donne», sentenzia la ricerca. Si va dal 5% di Pil “perduto” negli Stati Uniti, al 9% in Giappone, fino a punte del 34% in Egitto. L’Italia? Si colloca in una fascia alta… cioè arretrata. Il 15% del Pil potenziale non viene realizzato in Italia, a causa delle discriminazioni contro le donne. Il triplo del danno economico americano, è quello provocato dalle discriminazioni contro le italiane.
Le conclusioni dell’Fmi vengono a corroborare altri studi, tra i quali spicca il lavoro del premio Nobel per l’economia Amartya Sen: uno dei più tenaci nel denunciare il fatto che il sessismo «ci impoverisce tutti». Come sostiene Lagarde, i paesi che privano le donne di opportunità s’impoveriscono, rinunciano a dinamismo e benessere. I casi estremi sono quelle nazioni dove legislazioni arcaiche vietano alle donne alcune professioni, le escludono dai diritti di proprietà, subordinano le loro decisioni economiche al consenso dei mariti o dei padri. Ma anche l’Occidente industrializzato soffre di un divario persistente. Non abbiamo così tante donne imprenditrici o scienziate, quante potrebbero essercene se “il campo di gioco” fosse orizzontale, livellato, uguale per tutti.
Novemila miliardi di dollari all’anno, è la ricchezza non realizzata per effetto di tutte quelle donne e ragazze che devono accontentarsi di un piano B, di una soluzione di ripiego, rispetto al loro talento. Paesi avanzati come gli Stati Uniti continuano a registrare un divario retributivo sistematico: a parità di competenza e di qualifica, di mansione e di responsabilità, una donna guadagna l’85% del suo collega maschio. Un test americano recente ha dimostrato che il capo del personale di un’azienda, di fronte al curriculum, vitae di due candidati, “premia” automaticamente il maschio. Lagarde oltre alla denuncia ha fatto una previsione e un augurio: «Il 2016 sarà l’anno di una donna presidente degli Stati Uniti». Hillary più Angela più Christine, sarebbe un G-3 capace di cambiare gli equilibri?