Il prestito statale di 900 milioni di euro ad Alitalia è stato prorogato fino al 30 giugno 2019 dal decreto legge semplificazioni approvato ieri dal Consiglio dei ministri, attingendo alla cassa servizi energetici. È la terza proroga del prestito concesso la prima volta il 2 maggio 2017, quando Alitalia fu commissariata. La somma iniziale del “prestito ponte” era di 600 milioni e avrebbe dovuto essere restituita dopo sei mesi, ma il governo Gentiloni incrementò il prestito a 900 milioni e allungò la scadenza. Con la seconda proroga, lo scorso aprile, la scadenza del rimborso è stata fissata al 15 dicembre prossimo. Alitalia non ha i soldi per rimborsare il prestito (a fine settembre in cassa c’erano 606 milioni, esclusi i depositi in garanzia) e la procedura di cessione è ancora lontana dalla conclusione. Compresi gli interessi del 10% annuo circa, la somma che la società deve restituire è salita a un miliardo, e sul prestito sta indagando la commissione europea per valutare se ricade tra gli aiuti di Stato.
Ieri, nelle due ore di incontro con i sindacati al Mise, il ministro Luigi Di Maio ha ipotizzato un impegno diretto dello Stato, simile a quello della Francia in Air France, di cui detiene circa il 14% del capitale. Il governo sta studiando il possibile ingresso diretto del Mef nel capitale di Alitalia, da sottoporre al parere dell’Unione europea, secondo quanto riferiscono i sindacati. Nel timing indicato da Di Maio, entro fine gennaio ci sarà il piano industriale con al centro le Fs (che devono completare la due diligence confirmatoria) ed il coinvolgimento di uno o più partner: il ministro ha fatto esplicito riferimento a Delta ed easyJet che hanno presentato l’offerta ma, anche se non l’ha citata direttamente, resta l’interesse di Lufthansa. Il piano di integrazione tra trasporto aereo e ferroviario di Fs dovrà poi essere sottoposto al parere dell’Antitrust. Di Maio si è impegnato con i sindacati ad avere un «occhio particolare ai livelli occupazionali: non ci devono essere esuberi». I sindacati confederali e la Fnta dei naviganti hanno espresso preoccupazione per «le poche certezze sulle reali possibilità di reperire le risorse necessarie a capitalizzare la nuova azienda» (circa 2 miliardi), la «mancanza di un piano industriale di rilancio», e «l’assenza di chiarezza delle reali volontà dei partner internazionali».
Gianni Dragoni
Giorgio Pogliotti