Al tavolo di ieri mancava un attore fondamentale: l’Alitalia partecipata da Etihad. Il primo vero confronto tra sindacato e azienda si avrà martedì 8 luglio. Il ministero dei Trasporti ieri ha ribadito che per trovare un’intesa ci sarà tempo fino a metà mese. Una settimana, non di più. L’obiettivo sarebbe accogliere il numero uno della compagnia emiratina James Hogan – a Roma il 15 luglio per l’inaugurazione del collegamento Etihad tra la capitale e Abu Dhabi – con un’intesa cruciale. A cui è appeso lo sviluppo del piano. Non a caso il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro, ieri ha spiegato che «senza la piena adesione del sindacato al piano industriale non c’è disponibilità a partecipare al finanziamento».
Per quanto riguarda il merito della negoziazione, ieri il leader della Cisl, Raffaele Bonanni ha detto che si sta lavorando per ridurre i posti da tagliare. Nei giorni scorsi si è parlato di una chiusura a quota 1.700 ma il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha gelato ogni previsione: «Gli esuberi sono 2.251». Poi c’è il tema delle ricollocazioni. Si parla di Poste, socio di Alitalia. Adr, gruppo che gestisce gli aeroporti di Roma. Si valuta anche la possibilità di far rientrare in Italia la manutenzione dei velivoli di Alitalia (oggi appaltata in Israele). «Le vie d’uscita potrebbero essere diverse. La possibilità di riportare in Italia la manutenzione dei velivoli va valutata con attenzione, a vantaggio di tutto il settore, non solo di Alitalia», osserva Franco Nasso, a capo della Filt Cgil. Ma quello che il sindacato proprio non digerisce è l’aut aut rispetto alla messa in mobilità immediata dei 2.251 e la rinuncia agli ammortizzatori: «Questo per noi è inaccettabile».