Ed ecco la fotografia attuale del Sud: nel 2014, per il settimo anno consecutivo, il Pil è stato ancora negativo e pari a-1,3 per cento (mentre nel Centro- Nord la flessione è stata -0,2 per cento); in tal modo, il divario di prodotto pro capite con il resto d’Italia è tornato ai livelli di 15 anni fa . E, dato che il reddito si è drasticamente abbassato, non si fanno più nemmeno i figli: nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila nascite, il valore più basso dall’Unità d’Italia, annota la Svimez. Negli ultimi sette anni, del resto, i consumi delle famiglie meridionali sono caduti quasi del 13 per cento e gli investimenti dell’industria in senso stretto si sono ridotti addirittura del 59 per cento: si tratta di una flessione tre volte superiore al già pesante calo del Centro- nord( -17%) ; più in generale, tra il 2008 e il 2014 gli investimenti fissi lordi sono scesi del 38% nel Mezzogiorno . Nella crisi,inoltre, la riduzione del valore aggiunto è stata più intensa a sud in tutti i settori produttivi, rimarca ancora il rapporto: nell’industria, il valore aggiunto è sceso del 35% a fronte del -17,2% nel resto del paese. In calo anche le costruzioni (il valore aggiunto è diminuito complessivamente nei sette anni di crisi del 38,7%). E c’è un segno negativo, guardando al solo 2014, anche per l’agricoltura, che perde nel sud addirittura il 6,2 per cento (mentre il Centro- Nord guadagna un +0,4 per cento).
Non c’è da stupirsi,quindi, con queste cifre relative all’attività economica, che il 62% dei meridionali guadagni meno di 12 mila euro annui (contro il 28,5% del Centro-Nord) e che «una persona su tre» sia a rischio povertà, a fronte di un rapporto di «uno su dieci al Nord». In termini di occupazione, infatti, il Mezzogiorno tra il 2008 e il 2014 registra una caduta del 9% contro l’1,4% del Centro- Nord: si tratta di oltre sei volte in più. Nel sud si concentra inoltre il 70 per cento delle perdite di posti di lavoro. Nel solo 2014 i posti di lavoro nel complesso in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (dove l’incremento è stato di 133mila). Il Sud, invece, ne ha persi 45mila. Il numero degli occupati torna così a 5,8 milioni, sotto la soglia psicologica dei 6 milioni: è il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche dell’Istat. Donne e giovani sono, come è ben noto, i soggetti più deboli del mercato del lavoro italiano e nel Sud queste fragilità assumono contorni drammatici. Per quel che riguarda il contributo delle donne, nel 2014 a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 51% nell’Ue a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 20,8%. Va ancora peggio se si osserva l’occupazione delle giovani donne under 34: a paragone di una media italiana del 34% (in cui il Centro-Nord arriva al 42,3%) e di una europea a 28 del 51%, il Sud si ferma al 20,8%. Nella fascia d’età compresa fra i 15 e i 34 anni è quindi occupata al Sud solo una donna su 5.
E veniamo ai giovani : per gli under 34 ,il Sud ha perso nei sette anni della crisi 622 mila posti di lavoro (-31,9 per cento) e il tasso di disoccupazione giovanile che nel 2014 era pari al 35,5 per cento nel Centro Nord a Sud è arrivato al 56 per cento. Non basta. Il tasso di occupazione per diplomati e laureati è pari al 45% contro una media Ue a 28 del 76%. E se si considera il mondo dei Neet (not in education,employment or training) su un totale di 3 milioni e 512 mila giovani che non lavorano e non studiano , quasi due milioni sono meridionali.