28.02.2013

Al Nord torna già il 70% delle tasse

  • Il Sole 24 Ore

Il terno delle presidenze centrato dalla Lega, che con l’elezione del suo leader Roberto Maroni al vertice della Lombardia governa oggi le tre grandi Regioni del Nord, imporrebbe ora di passare dalle parole ai fatti sullo slogan centrale nella battaglia elettorale del Carroccio, quello del «75% delle tasse al Nord». Una partita, naturalmente, da giocare nell’orizzonte dell’«Euroregione», che oltre a Piemonte, Lombardia e Veneto abbraccia il Friuli-Venezia Giulia, anch’esso a guida centro-destra. Dai manifesti elettorali ai calcoli effettivi sulla distribuzione territoriale delle risorse, però, la strada appare lunga.
A prescindere dall’effettiva forza contrattuale della Lega, che arriva al filotto proprio mentre perde una metà abbondante dei voti nell’«Euroregione», gli ostacoli più rilevanti si incontrano nei numeri.
Ad alimentare la parola d’ordine maroniana c’è il fatto che nelle Regioni settentrionali le richieste fiscali e contributive presentate dallo Stato e dagli enti territoriali sono in genere superiori ai benefici ricevuti in termini di servizi pubblici e trasferimenti alle amministrazioni locali. Il saldo fra imposte e contributi versati e risorse ricevute è il «residuo fiscale», che può essere calcolato con diverse variabili ma in ogni caso raggiunge la vetta proprio in Lombardia.
La geografia del residuo fiscale riprodotta nella tabella qui a fianco mostra i calcoli condotti da Unioncamere del Veneto sulla base degli ultimi «Conti pubblici territoriali» messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo economico. Secondo questi numeri, rilanciati appena prima delle elezioni dall’Osservatorio Federalismo-Impresa delle Cna di Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, ogni abitante della Regione appena conquistata da Maroni (neonati e anziani compresi) “paga” in media alla Pubblica amministrazione 17.288 euro all’anno, e ne riceve 6.234 in meno. Il saldo negativo si attenua a 3.820 euro in Veneto, scende a 2.258 euro in Piemonte e si attesta a soli 672 euro in Friuli-Venezia Giulia, grazie allo Statuto speciale che già oggi trattiene sul territorio il 91% dell’Iva, il 60% dell’Irpef e il 45% dell’Ires.
In sé, il «residuo fiscale» serve ovviamente a garantire la “solidarietà” fra i territori caratterizzati da un Fisco più ricco e quelli in cui le tasse riescono a mietere solo raccolti più leggeri. Il residuo effettivamente registrato in ogni territorio è eccessivo? La risposta tocca alle diverse opzioni politiche in campo, ma i numeri offrono un dato interessante. In base a questi calcoli, già nel sistema attuale l’«Euroregione» vede tornare sul proprio territorio il 71,6% delle tasse complessive versate. Escludendo la «specialità» friulana e giuliana la cifra scende, ma non troppo visto che la Regione autonoma “pesa” per il 5,6% nella bilancia fiscale dell’«Euroregione».
Un altro colpo alla forbice fra entrate e uscite può essere stato assestato dal 2012, per due ragioni convergenti: il turbo fiscale che si è attivato in funzione anti-crisi ha in generale fatto crescere il conto medio soprattutto al Nord, dove le basi imponibili sono più consistenti, mentre l’aumento della spesa per interessi non ha ovviamente inciso sulla distribuzione territoriale delle risorse, perché il servizio al debito non può entrare in queste dinamiche.
I dati di partenza, però, sono chiari: l’ipotesi del 75%, al netto delle sue difficoltà pratiche, al confronto con i dati reali perde una buona parte della forza “innovativa” che sembrava avere nel dibattito pre-elettorale, ed è questione soprattutto lombarda. Il Veneto, numeri alla mano, avrebbe poco da guadagnare, e per il Piemonte il passaggio dal vecchio all’ipotetico nuovo regime potrebbe addirittura rivelarsi in perdita.