08.04.2014

Addizionale Irpef, termini fissi

  • Italia Oggi

La deliberazione in materia di addizionale comunale all’Irpef deve essere adottata dal consiglio comunale entro il termine per l’approvazione del bilancio di previsione. In caso contrario, infatti, è illegittima. A seguito del ricorso presentato dal ministero dell’economia e delle finanze, la prima sezione del Tar Sicilia, con la sentenza n.700 del 17 marzo 2014, ha annullato la deliberazione di un comune siciliano che aveva adottato l’aumento dell’aliquota dell’addizionale comunale all’Irpef dallo 0,2 % allo 0,8% il 9 dicembre 2013, dopo, quindi, la scadenza del termine del 30 novembre per l’approvazione del bilancio di previsione stabilito per l’anno 2013. La decisione in questione si inserisce in un ciclo di sentenze avviato dai giudici calabresi che hanno condotto tutte alle stesse conclusioni. Alla prima, la sentenza n. 366 dello scorso 6 marzo, relativa a una delibera sulle aliquote dell’Imu, sono infatti seguite ben quattro decisioni del Tar Calabria, sede di Catanzaro (sentenze n. 470, 471, 472, 473 tutte del 21 marzo 2014), con le quali sono state annullate le deliberazioni comunali proprio in materia di addizionale Irpef. Anche in questo caso i giudici siciliani hanno ripercorso l’esegesi delle norme: l’art. 52, comma secondo del dlgs 446/1997, che stabilisce che i regolamenti sono approvati con deliberazione del comune non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell’anno successivo; l’art. 1, comma 169, della legge 296/2006, che prescrive che «gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Le deliberazioni, anche se approvate successivamente all’inizio dell’esercizio purché entro il termine indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il termine stabilito, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno. È evidente, quindi, la perentorietà del termine in questione, visto che in caso di mancata approvazione entro tale data le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno. Tutto ruota, dunque, attorno al termine di approvazione del bilancio di previsione che ogni anno, a causa delle continue manovre finanziarie varate dal governo, subisce degli slittamenti anche abbastanza incongrui. E così per l’anno 2013 il termine è stato differito prima al 30 settembre 2013, dall’art. 10, comma 4-quater, lettera b), numero 1), del 35/2013 e, poi, al 30 novembre 2013 dall’art. 8 del dl 102/2013 convertito dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124. L’esame delle norme ha portato i giudici ad affermare inequivocabilmente che ogni deliberazione adottata dopo il 30 novembre deve ritenersi illegittima. E così è stato nel caso sottoposto al loro esame visto che la delibera che ha aumentato l’aliquota per l’addizionale comunale Irpef dallo 0,20 allo 0,80%, è stata adottata il 9 dicembre 2013, e cioè dopo la scadenza del termine per l’approvazione del bilancio di previsione. Da ciò deriva che l’aumento dell’aliquota non può assolutamente valere per l’anno di imposta 2013, per il quale si intende prorogata l’aliquota stabilita per il 2012.

Occorre far notare, però, che i giudici siciliani, a differenza di quelli calabresi, hanno annullato solo in parte la delibera. Infatti, nel richiamare l’art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a., hanno disposto l’annullamento del provvedimento impugnato nei limiti dell’interesse prospettato, cosicché l’efficacia della delibera viene meno solo con riferimento all’anno di imposta 2013 (per il quale si intende prorogata l’aliquota fissata per il 2012), e conserva invece piena efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Si deve, infine, rilevare come anche in questo caso il ricorso sia stato azionato dal ministero dell’economia e delle finanze, che a norma dell’art. 52, comma 4 del dlgs 446/1997, può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa.

Il punto era stato oggetto di particolare approfondimento da parte dei giudici calabresi che avevano inquadrato questo particolare istituto tra i casi di legittimazione straordinaria, giacché la possibilità di impugnare gli atti degli enti locali in materia di tributi, attribuita al ministero dalla norma, prescinde dall’esistenza di una lesione di una situazione giuridica tutelabile in capo a esso, che determini l’insorgere di un interesse personale, concreto e attuale all’impugnazione. L’attribuzione della legittimazione straordinaria, infatti, viene prevista dal legislatore esclusivamente in funzione e a tutela degli interessi pubblici.