Nell’ambito dell’attività di accertamento, l’utilizzo delle informazioni ricavabili dai documenti afferenti ai conti correnti bancari acquisiti dagli istituti di credito, non può ritenersi limitato ai rapporti formalmente intestati alla società, ma si estende anche a quelli rubricati a soci, amministratori e procuratori, qualora risulti provata la fittizietà dell’intestazione o la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi. A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso l’ordinanza n. 15875/2018. L’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Ctr della Sicilia la quale, in una controversia avente a oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso nei confronti di una società, confermava l’annullamento dell’atto.
Il collegio di appello, dopo aver premesso che l’accertamento è stato effettuato ai sensi dell’articolo 32 del Dpr n. 600/1973, ha ritenuto infondata la pretesa dell’ufficio in quanto l’attività di controllo è risultata generica, la documentazione riguardante i conti correnti bancari consentiva di evincere l’estraneità alla società delle operazioni sul conto corrente intestato a una persona fisica e l’ufficio si è avvalso della presunzione legale derivante dall’utilizzazione delle informazioni bancarie.
Roberto Bianchi