03.04.2014

Abuso del diritto, primo esame

  • Il Sole 24 Ore

Le novità che potrebbero intervenire in materia di contrasto alle condotte elusive e, più in generale, all’abuso del diritto, a seguito della legge delega fiscale, sono tracciate dagli articoli 5 e 8. E infatti mentre l’articolo 5 prevede che con i decreti legislativi vengano revisionate le vigenti disposizioni antielusive al fine di unificarle al principio generale del divieto dell’abuso del diritto affermato in ambito comunitario e fatto proprio, da qualche anno dalla giurisprudenza di legittimità, il successivo articolo 8 dispone una differenziazione tra le fattispecie di elusione e quelle di evasione fiscale, e delle relative conseguenze sanzionatorie.
La situazione attuale
In base al quadro attuale, in linea di massima, è possibile operare una distinzione tra condotte evasive, elusive e abuso del diritto. Le prime sono quelle, in estrema sintesi, individuabili nella violazione di uno specifico obbligo, o nell’omissione di un determinato adempimento tributario. Esse sono tutte specificamente sanzionate ai fini tributari.
Per condotta elusiva, invece, si intende normalmente un comportamento posto in essere in violazione all’articolo 37 bis del Dpr 600/73 in materia di imposte sui redditi, in base al quale sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. In queste ipotesi l’amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all’amministrazione. Questa disposizione si applica a condizione che, nell’ambito del comportamento tenuto, siano utilizzate determinate operazioni (trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie, distribuzioni ai soci di somme, conferimenti in società, ecc). È poi prevista una procedura specifica per contestare le condotte elusive: l’avviso di accertamento deve essere emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente di chiarimenti da inviare entro 60 giorni dalla richiesta, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputa applicabile la disposizione antielusiva; l’atto impositivo deve essere specificamente motivato, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente; le maggiori imposte accertate sono iscritte a ruolo dopo la sentenza della Ctp. Secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza di legittimità rientra tra le condotte elusive anche l’interposizione fittizia prevista dall’articolo 37, comma 3 del Dpr 600/73
L’abuso del diritto non è previsto da alcuna norma ma è stato individuato dalla Cassazione come una molteplicità di atti posti in essere al solo fine di ottenere il risparmio fiscale (Cassazione, Sezioni unite, sentenza 30055/2008), con la precisazione che trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati, nei principi costituzionali di capacità contributiva e progressività dell’imposizione e non contrasta con il principio della riserva di legge non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti da legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali (Cassazione, sentenza 8487/2009). Sono poi seguite varie pronunce che hanno ritenuto, o meno, determinate fattispecie abusive (si veda la tabella in pagina). Non essendoci alcuna norma di legge specifica, l’accertamento segue le normali regole, a differenza delle condotte elusive che hanno una procedura specifica.
La rilevanza penale
In campo penale non esiste una generale clausola anti abuso fiscale, che prescinde da specifiche disposizioni. Ne consegue, che solo la condotta che viola una determinata fattispecie prevista dall’ordinamento è penalmente rilevante al superamento delle previste soglie di punibilità e pertanto eventuali condotte “abusive” non possono avere rilevanza penale, in quanto violerebbero i principi di determinatezza e tassatività.
Possono invece integrare una violazione penale tributaria, secondo ormai un orientamento abbastanza consolidato presso la Cassazione penale, le fattispecie elusive espressamente previste dalla normativa tributaria (artixolo 37, terzo comma e 37 bis del Dpr 600/73).