A2A chiude il 2016 con un utile netto consolidato di 224 milioni (praticamente triplicato rispetto all’anno scorso) e il cda propone all’assemblea una cedola di 0,0492 euro per azione, in crescita del 20% dal 2015 e soprattutto oltre le attese dei grandi soci, i Comuni di Milano e di Brescia, che nei propri bilanci avevano stimato un dividendo pari a 0,0475 euro. Il consiglio della multiutility lombarda, che ha chiuso il 2016 con un margine operativo lordo a quota 1,231 miliardi (+17,5%), ieri ha anche approvato l’aggiornamento del piano al 2021, che vede un «riadattamento delle priorità strategiche» con una accelerazione su reti, ambiente e clienti, tre business destinati a rappresentare, tra cinque anni, «la maggioranza del capitale investito».
«Il 2016 è stato un anno record sotto diversi punti di vista, sia finanziario sia per la quantità e la qualità dei progetti che abbiamo saputo realizzare: con questo assetto A2A diventa uno dei principali operatori industriale del Paese», ha dichiarato Giovanni Valotti, che al tempo stesso non si è voluto sbilanciare sul nuovo tavolo negoziale aperto con Acsm-Agam, Lario Reti Holding, Azienda Elettrica Valtellina e Valchiavenna e Aspem. «Come sarà il progetto e quale sarà il nostro ruolo sarà definito dalle trattative. – ha precisato – Da parte nostra c’è un impegno serio per studiare un progetto industriale in cui A2A fa crescere aziende di medie dimensioni e dà loro carburante per la crescita. Magari tra qualche settimana avremo più dettagli». Anche l’ad Valerio Camerano ha sottolineato che, per il 2016, il dato più importante è l’incremento del mol, pari a 183 milioni, al quale hanno contribuito 128 milioni di partite non ricorrenti (19 milioni nel 2015) e 32 milioni di Lgh: al netto di ciò, «tutte le business unit hanno incrementato la marginalità, eccetto reti e calore». Questa dinamica ha permesso di abbassare il rapporto debito/Ebitda a quota 2,5 volte. Inoltre, a livello di utile netto, la capogruppo, A2A spa, ha chiuso con profitti netti per 274,1 milioni: cosa che, dopo diversi anni, permetterà di distribuire i dividendi (per un monte cedole complessivo di 153 milioni) senza intaccare il patrimonio della società, che anzi risulterà rafforzato.
Per quanto riguarda il nuovo piano, invece, gli investimenti complessivi aumentano a 2,75 miliardi (+500 milioni), l’Ebitda a 1,39 milioni e l’utile netto al 2021 sfiora 0,5 miliardi con una posizione finanziaria netta in riduzione di oltre 0,6 miliardi a 2,5 miliardi. «È un business plan ambizioso ma prudente – ha fatto notare Valotti – visto che ci sono da 135 a 210 milioni di mol potenziale che non abbiamo computato nelle stime»: tra questi, per esempio, ci sono 50-75 milioni derivanti da aggregazioni locali. Il focus generale sarà sulle reti e i clienti, visto che ormai le multitulity moderne si stanno trasformando sempre più da “generatori” a fornitori di servizi: dunque via ad investimenti su smart city, green economy e reti intelligenti. E se il taglio dei costi (82 milioni a fine 2016) ha già raggiunto metà del target al 2020, il nuovo piano d’impresa conferma la dividend policy, con una cedola stimata di 7,5 centesimi al 2019 e un payout minimo del 60% per gli anni successivi. Ieri, infine, dopo una mattina al rialzo, in cui ha aggiornato i massimi da sei anni e mezzo, il titolo A2A ha ripiegato per chiudere a 1,38 euro, in ribasso del 2,68%.
Cheo Condina