24.10.2016

Parte dalla Svizzera la nuova offensiva sui capitali all’estero

  • Il Sole 24 Ore

Dopo aver atteso che i contribuenti con capitali nascosti all’estero facessero il primo passo con la voluntary disclosure «1.0», ora è il fisco a muoversi. L’agenzia delle Entrate sta, infatti, preparando le richieste collettive di dati. In pratica, l’amministrazione finanziaria italiana busserà alle porte dei “colleghi” esteri per ottenere dalle banche dei loro Paesi i nominativi e le informazioni sui contribuenti italiani titolari di posizioni. Si parte dalla Svizzera, ossia dal Paese da cui è emerso il 70% delle attività con l’ultima operazione di rientro dei capitali. Un’iniziativa che replica quelle già avviate da Olanda e Francia (e più di recente da Madrid) e per le quali gli istituti di credito elvetici hanno avviato una formazione interna proprio per rispondere alle richieste.
Un punto di partenza, dunque. Un passaggio per aumentare il patrimonio informativo già disponibile e già incrementato attraverso le pratiche delle quasi 130mila richieste complessive di adesione alla voluntary disclosure. E non ci si fermerà alla Svizzera, perché gli accordi stipulati nel 2015 offriranno nuove opportunità. Inoltre, da mesi circola l’ipotesi di varcare i confini lussemburghesi per chiedere anche in quel caso informazioni sui correntisti e titolari di patrimoni di nazionalità italiana.
Non potranno però essere fatte richieste di dati generiche. Le convenzioni, infatti, prevedono che l’amministrazione possa effettuare sì richieste di gruppo (cioè relative a platee omogenee di contribuenti) ma in base a criteri definiti e puntuali, mai generici.
In realtà, le potenzialità offerte dai nuovi accordi consentono anche di guardare oltreoceano. La scorsa settimana il Senato ha dato il via libera definitivo al Ddl di ratifica delle convenzioni contro le doppie imposizioni e per prevenire l’evasione sia con Panama sia con il Cile. Ma non solo, perché sono arrivati al traguardo anche i disegni di legge relativi agli scambi di informazione con Turkmenistan, Bermuda e Liechtenstein. E proprio dopo il recente scandalo dei Panama papers, va ricordato che ci sono stati incontri informali con il nostro ministero dell’Economia, durante i quali le autorità dello Stato centroamericano hanno espresso la loro disponibilità ad aprire tutti i canali di informazioni nella prospettiva di un’uscita di Panama dalle black list.
In sostanza, la richiesta di dati sui contribuenti italiani all’estero potrebbe diventare l’asso nella manica per il fisco per stanare tutti quelli che non hanno aderito alla disclosure e che ora, grazie alla riapertura in arrivo nell’ambito della manovra 2017, hanno un’altra opportunità per mettersi in regola e far emergere tutti i patrimoni detenuti fuori dai confini italiani su cui finora non hanno mai pagato alcuna imposta.
Intanto le Entrate hanno già proceduto a una raccolta di dati sulle pratiche lavorate con la prima voluntary. Un patrimonio che l’Agenzia pensa di utilizzare in futuri controlli attraverso l’analisi e la rilevazione statistica delle «condotte evasive più diffuse (soprattutto quelle che prevedono l’allocazione all’estero di risorse e investimenti) e di profilazione di fenomeni ad alta pericolosità fiscale». Proprio per questa finalità è stato inventato e messo a disposizione degli uffici un applicativo che si chiama «Cover», finalizzato ad analizzare i dati delle domande di voluntary e utilizzarli per classificare i comportamenti e le “abitudini” dei contribuenti che avevano soldi all’estero e che servirà come base per formulare richieste collettive – ma sempre puntuali – agli Stati.
I dati che arriveranno con le richieste di «gruppo» saranno molto verosimilmente incrociati con quelli che saranno trasmessi dai Comuni. Come anticipato sul Sole 24 Ore del 20 ottobre, la voluntary-bis in arrivo prevede che i Comuni trasmettano entro sei mesi all’agenzia delle Entrate le richieste di iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire). E non si tratta solo di un’interrogazione per il presente perché gli uffici comunali dovranno andare indietro nel tempo fino al 1° gennaio del 2010. Insomma, una sorta di manovra a tenaglia per fare in modo che gli evasori internazionali non abbiano scelta e si autodenuncino al fisco italiano.

Marco Mobili
Giovanni Parente