Con ordinanza del 13.10.2023, il Tribunale di Roma aveva sollevato questione pregiudiziale innanzi alla Suprema Corte di Cassazione circa l’obbligo di esperire un nuovo tentativo di mediazione nell’ipotesi in cui venga proposta domanda riconvenzionale con mediazione già effettuata in data anteriore.
Con la sentenza n. 3452 depositata in data 07.02.2024, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha pronunciato il seguente principio di diritto: “la condizione di procedibilità prevista dall’art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l’intero corso del processo e laddove possibile”.
Il punto di partenza della Cassazione è stato distinguere fra la natura delle domande riconvenzionali astrattamente proponibili in giudizio, individuando: i) domande riconvenzionali collegate all’oggetto della lite (cd. “non eccentriche”) e ii) domande riconvenzionali “eccentriche” all’oggetto della questione. Rispettivamente, le prime sono ammissibili quando riguardano il medesimo titolo già dedotto in giudizio dall’attore ovvero rientrano nella competenza (per materia o valore) del Giudice adito, mentre le seconde indicano quelle domande che allargano l’oggetto del giudizio.
Ciò premesso, la Suprema Corte richiama l’art. 5, comma 1bis, d.lgs. 28/2010 a mente del quale “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di […] è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione” quale “condizione di procedibilità della domanda giudiziale”. Proseguendo, l’improcedibilità deve essere “eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza”.
Come è noto, tale condizione di procedibilità della domanda giudiziale è un presupposto processuale, il cui difetto è sanabile retroattivamente, potendo il Giudice rilevarla d’ufficio e inviare le parti in mediazione ovvero, quando questa sia già iniziata, differire l’udienza per permettere la conclusione del procedimento, con conseguente ripercussione sulla durata dal giudizio.
Riprendendo la distinzione sopra effettuata in merito alle possibili domande esperibili, le SS. UU. osservano che dal testo normativo non emerge che le prime riconvenzionali (cd. “non eccentriche”) debbano essere sottoposte alla mediazione obbligatoria, poiché si collegano all’oggetto del processo già introdotto dall’attore. E, in questi casi, la mediazione è già stata esperita ed ha avuto esito negativo, pertanto, la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e la questione è già rimessa al Giudice. Essendo dunque il procedimento giudiziale già pendente, viene meno la funzione deflattiva dell’istituto in esame, non avendo impedito l’instaurazione del giudizio.
Dunque, la Corte ritiene che “una volta che la domanda principale sia stata regolarmente proposta dopo che la mediazione abbia già fallito l’obiettivo, una nuova mediazione obbligatoria relativa alla domanda riconvenzionale […] non realizzerebbe il fine di operare un filtro al processo” ed imporre alle parti un nuovo tentativo di mediazione sarebbe superfluo ed improduttivo.
Le riconvenzionali “eccentriche”, invece, allargano l’oggetto del giudizio. Dall’analisi di alcuni precedenti giurisprudenziali, è emerso come i giudici abbiano operato diversamente a fronte di una domanda riconvenzionale di tale tipo, alle volte onerando le parti di tornare in mediazione ed altre volte escludendo tale onere. Tali differenti soluzioni incidono, in modo negativo, sul principio di certezza del diritto.
A ciò si aggiunga che le parti dovrebbero essere inviate nuovamente in mediazione ogniqualvolta sia fatta valere in giudizio una domanda nuova e ulteriore rispetto a quella iniziale (i.e. reconventio reconventionis, domanda proposta da un convenuto verso l’altro, etc.), con conseguente allungamento delle tempistiche per ottenere la tutela richiesta. Per questo motivo, le Sezioni Unite hanno escluso tale via, nell’ottica di evitare ulteriori differimenti ed oneri per le parti.
Ma vi è di più. La Suprema Corte fa un ulteriore passaggio sottolineando l’importanza della figura del mediatore, il quale ai sensi dell’art. 8, comma 3, d.lgs. 28/2010 deve adoperarsi affinché “le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia”, esortandole – così sottolinea la Corte – “a mettere ogni profilo “sul tappeto”, ivi comprese altre richieste del convenuto”.
Per concludere, la Suprema Corte a Sezioni Unite ha statuito che, nel caso di domanda riconvenzionale, non deve essere esperito un nuovo tentativo di mediazione, altrimenti si verificherebbe un “eccesso di mediazione” in contrasto con lo scopo deflattivo dell’istituto de quo.