In caso di mediazione obbligatoria, la condizione di procedibilità deve ritenersi realizzata qualora una o entrambe le parti, al termine del primo incontro davanti al mediatore, riferiscano la propria indisponibilità a procedere oltre.
Corte di Cassazione, 8 luglio 2024, n. 18485
Nel caso di specie, parte ricorrente lamentava l’erroneità della sentenza impugnata, laddove aveva rigettato l’eccezione di improcedibilità della domanda per omesso espletamento della procedura di mediazione obbligatoria. A detta del ricorrente, infatti, nonostante la formale proposizione dell’istanza, il procedimento non sarebbe mai stato effettivamente avviato dalle parti, atteso che, in occasione dell’incontro preliminare, l’attrice dichiarava che non era possibile iniziare la procedura di mediazione.
La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso, condividendo invece l’orientamento della Corte d’Appello. Quest’ultima, correttamente, aveva rilevato che le parti, in occasione del primo incontro, invitate dal mediatore ad esprimersi sulla possibilità di iniziare il procedimento di mediazione, avevano illustrato le rispettive posizioni, in relazione alle concrete ragioni di doglianza ed alle rispettive pretese nel merito della controversia, non soffermandosi su meri profili procedurali o formali. Pertanto, il mediatore – preso atto della volontà delle parti e dell’impossibilità di addivenire ad un accordo – dichiarava chiuso il procedimento di mediazione.
Secondo i giudici di legittimità: “Tanto basta per considerare espletato il procedimento, e dunque rispettata la condizione di procedibilità di cui all’art. 5, comma 1-bis, del D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, giacché essa può ritenersi, realizzata “qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre” (Cass. Sez. 3, sent. 27 marzo 2019, n. 8473, Rv. 653270-01).
Chiamata, difatti, a stabilire quando il tentativo di mediazione obbligatoria possa dirsi utilmente concluso (ovvero, se sia sufficiente “comunicare al mediatore di non aver nessuna intenzione di procedere oltre e di provare a trovare una soluzione”, oppure se sia “necessario che la mediazione sia “effettiva””, e cioè “che le parti provino quanto meno a discutere per trovare una soluzione, per poi poter dare atto a verbale della impossibilità di addivenire ad una soluzione positiva”), questa Corte ha osservato che sia l’argomento letterale, ovvero il testo dell’art. 8 del D. Lgs. N. 28 del 2010, che l’argomento sistematico – e cioè “la necessità di interpretare la presente ipotesi di giurisdizione condizionata in modo non estensivo, ovvero in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l’accesso alla tutela giurisdizionale – depongono nel senso che l’onere della parte che intenda agire in giudizio (o che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata rimessa davanti al mediatore dal giudice) di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi adempiuto con l’avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all’esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in merito alla funzione e alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare (rectius proseguire) la procedura di mediazione” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. N. 8473 del 2019, cit.)”.