La Corte d’Appello di Napoli ha fatto chiarezza in tema di competenza territoriale degli organismi di mediazione, nel caso in cui la causa sia in secondo grado.
Nella fattispecie concreta, parte appellata eccepiva l’improcedibilità del giudizio, perché la mediazione disposta dalla Corte d’Appello era stata promossa presso un Organismo avente sede in luogo diverso (Avellino) da quello del Giudice competente per la controversia (Napoli).
Infatti, in base all’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 28 del 2010 “La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia“.
Tuttavia, i giudici hanno evidenziato come sia necessario considerare che, nel caso di specie, la mediazione era stata delegata in appello ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 e, pertanto, devono ritenersi astrattamente competenti per territorio tutti gli Organismi aventi sede nel distretto nel quale la Corte esercita le sue funzioni. “Questo significa che la procedura in questione è stata correttamente incardinata presso un organismo di mediazione che ha sede in Avellino che rientra nel distretto della Corte di Appello di Napoli (considerato che il Comune di Avellino è sede del Tribunale il cui circondario è parte del distretto territoriale per cui è competente questa Corte). Non vi è dubbio quindi che sussista la competenza territoriale dell’Organismo presso il quale si è svolta la procedura di mediazione”.
Peraltro, secondo i giudici di appello, una diversa interpretazione della norma apparirebbe del tutto irragionevole, atteso che il legislatore ha voluto ancorare il criterio di territorialità degli organismi di mediazione a quello del giudice competente per territorio, “dovendosi quindi tener conto dello specifico e diverso ambito di competenza territoriale dei diversi uffici giudiziari (giudice di pace, tribunale, corte di appello). Al riguardo la Cassazione (…) ha chiarito che “il meccanismo legislativo postula che sia dapprima individuato il foro giudiziale, secondo le regole sottese a tale determinazione, e solo di riflesso sia individuato l’organismo cui accedere in fase conciliativa” (Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord., 02/09/2015, n. 17480). Per cui quando la mediazione è demandata dal giudice non sussistono dubbi circa l’individuazione dell’ambito territoriale entro il quale deve essere presente la sede dell’organismo presso il quale svolgere la procedura di mediazione”.
La Corte napoletana evidenzia, altresì, che la propria conclusione trova conforto nella ratio della norma in questione, che è quella di favorire l’incontro tra le parti, per consentire l’effettivo svolgimento della mediazione, evitando condotte elusive. Inoltre, anche i chiarimenti forniti dal Consiglio Nazionale Forense il 22 novembre 2013 (all’indomani della riforma del 2013 con la quale è stato introdotto il criterio di territorialità per gli organismi di mediazione) hanno puntualizzato che, per determinare la competenza dell’organismo di mediazione, una volta individuato il giudice competente secondo le norme del codice, occorre fare riferimento all’ambito di competenza territoriale previsto per gli uffici giudiziari.
A ciò si aggiunga che, nella fattispecie in esame, l’adesione da parte dell’appellata alla mediazione avanti all’organismo prescelto da controparte equivale a tacita accettazione dell’eventuale deroga al criterio legale di territorialità. La Corte d’Appello di Napoli conclude, quindi, osservando che “il legislatore con la recente riforma adottata con il D.Lgs. n. 149 del 2022 ha integrato il comma 1 dell’art. 4 D.Lgs. n. 28 del 2010 (con entrata in vigore dal 28 febbraio 2023, ex L. n. 197 del 2022) proprio al fine di chiarire che “La competenza dell’organismo è derogabile su accordo delle parti”. Ciò significa che anche qualora (e non è così) l’organismo presso il quale si è svolta la mediazione non avesse avuto sede nel distretto territoriale della Corte di Appello di Napoli, in ogni caso l’eccezione sarebbe risultata priva di pregio in considerazione dell’accordo tacito intervenuto tra le parti in deroga al criterio previsto dalla norma di riferimento”.