09.08.2023 Icon

L’attività processuale deve essere sospesa in pendenza della mediazione

L’art. 5 comma 3 del D.Lgs. n. 238/2010, secondo il quale lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti cautelari e urgenti, vieta al giudice il prosieguo del giudizio in pendenza dei termini concessi per l’espletamento della procedura di mediazione, fino all’udienza di verifica dell’avveramento della condizione di procedibilità”. Così si è recentemente pronunciata la Suprema Corte in tema di mediazione.

Nel caso di specie parte ricorrente aveva proposto appello avverso la decisione di primo grado, poiché il Giudice aveva rigettato la propria richiesta di remissione in termini per il deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., non considerando che il relativo termine che era stato erroneamente concesso contestualmente a quello per lo spiegamento del procedimento di mediazione, in pendenza del quale ogni attività processuale avrebbe dovuto essere sospesa.

La Corte di Appello di Cagliari, tuttavia, rigettava detto motivo di gravame, affermando che era stato lo stesso difensore di parte attrice ad aver richiesto la concessione dei termini previsti dalla citata norma, implicitamente rinunciando all’eccezione relativa alla mancata sospensione di ogni attività processuale in pendenza della mediazione obbligatoria. Difettava inoltre, secondo la Corte cagliaritana, il presupposto dell’art. 153 c.p.c., posto che la difesa dell’attrice non aveva addotto una causa lei non imputabile a giustificazione dell’omesso deposito delle memorie da lei stessa richieste.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso proposto dall’attore.

Prima di tutto, i giudici di legittimità hanno rammentato che la mediazione rientra tra gli istituti deflattivi del contenzioso ed è stata, infatti, introdotta con l’intento di promuovere il ricorso a procedure stragiudiziali per ridurre l’elevato numero delle cause civili pendenti. Pertanto la mediazione disciplinata dal d. lgs. n. 28 del 2010 “costituisce, per espressa volontà legislativa, (come in più occasioni confermato dalla giurisprudenza di legittimità: tra le tante Cass. n. 8473/2019) una condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Questa deve essere assolta prima dell’esercizio dell’azione giudiziale (cfr. art. 5 comma 1). Laddove la domanda giudiziale sia stata proposta in assenza del previo esperimento del procedimento di mediazione, il giudice deve rinviare l’udienza, assegnare alle parti un termine per consentire l’avvio del procedimento e fissare una nuova udienza per verificare l’avverarsi della condizione di procedibilità richiesta”.

Nel caso di specie il giudice di prime cure aveva, invece, dato inizio al processo assegnando, oltre al termine per introdurre il procedimento di mediazione, anche quello per depositare le memorie istruttorie, senza dunque attendere il verificarsi della condizione di procedibilità.

Ora, secondo l’art. 5 comma 3 del D.Lgs. n. 238/2010, le uniche attività che il giudice può compiere nelle more dello svolgimento della mediazione sono la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari e, pertanto, restano “esclusi tutti i provvedimenti che sono privi di tale carattere e che, per loro natura, attengono alla prosecuzione del procedimento giudiziale. La norma in questione non può che essere di stretta interpretazione, posto che essa introduce una parziale attenuazione del regime di improcedibilità, giustificata da esigenze di celerità processuale. Come affermato anche in altro precedente di questo Giudice, il procedimento di mediazione obbligatoria “si pone per dir così ‘a monte’ dell’inizio del processo, tanto che, ove la stessa non sia esperita nei casi previsti obbligatoriamente dalla legge, il processo neppure può avere inizio e la domanda giudiziale non è procedibile” (Cass. n. 34814/2022, pag. 4 in motivazione). La richiesta di concessione dei termini ex art. 183 c.p.c. nel caso oggetto di giudizio rientrava nell’attività difensiva della parte ma non poteva certo vanificare la condizione di procedibilità imposta dalla legge.

Per tale ragione, secondo la Cassazione, la Corte di Appello di Cagliari aveva errato nell’applicare al caso di specie il principio della sanatoria della nullità e della rimessione in termini, perché era “assolutamente preclusa al giudice la possibilità di concedere, contestualmente al termine per l’avvio della procedura di mediazione obbligatoria, anche i termini per il deposito delle memorie istruttorie e dunque di proseguire oltre nella trattazione della causa in assenza del previo accertamento della verifica della condizione di procedibilità dell’azione”.

Per i motivi esposti, dunque, il ricorso è stato accolto, con conseguente rinvio al giudice di secondo grado.

Autore Simona Daminelli

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