Ci sono rivoluzioni in grado di mutare il corso della storia, ribaltare le regole del gioco, semplificando la vita degli uomini e altre che, pur sorrette da grandi ideali, finiscono per complicare le cose, non facilitandole affatto.
Nell’ambito della volontaria giurisdizione solo il tempo ci dirà se la riforma Cartabia servirà a semplificare o complicare il sistema e, in tale ultima evenienza, a quale prezzo. Certamente volto allo snellimento delle procedure è il ripensamento delle competenze giurisdizionali del Tribunale in composizione collegiale in favore del giudice tutelare che diviene oggi il vero dominus della volontaria giurisdizione.
Il D. Lgs. 149/2022 abroga, infatti, l’art. 375 del codice civile e inserisce l’elencazione oggi contenuta in detto articolo nel nuovo art. 374 del codice civile. Analogamente a quanto già oggi accade per il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, a seguito della riforma, tutti gli atti del minore sottoposto a tutela e dell’interdetto, senza distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione, dovranno essere autorizzati dal giudice tutelare.
Per alienare beni, costituire pegni o ipoteche, procedere a divisioni (e promuovere i relativi giudizi), fare compromessi e transazioni, accettare concordati, nell’interesse del minore o dell’interdetto, non occorrerà più l’autorizzazione del tribunale in composizione collegiale ma sarà sufficiente quella del giudice tutelare. Con particolare riferimento alle alienazioni dei beni, in linea con lo spirito della riforma, il novellato art. 376 del codice civile prevede che sia sempre il giudice tutelare, in luogo del Tribunale in composizione collegiale, a determinare se la vendita debba farsi all’incanto o a trattativa privata e a fissare, in ogni caso, il prezzo minimo. Conseguente corollario è che sia il medesimo giudice tutelare a stabilire il modo di erogazione o di rimpiego del prezzo. Solo la continuazione dell’esercizio di un’impresa commerciale nell’interesse del minore richiederà ancora, invece, l’autorizzazione del Tribunale in composizione collegiale, dal momento che la riforma non ha affatto scalfito l’art. 320 del codice civile.
L’autorizzazione al tribunale in composizione collegiale andrà richiesta – come già accade – anche nel caso di morte del genitore titolare dell’impresa e di successione del figlio minore. In tal caso il giudice tutelare potrà consentire l’esercizio provvisorio dell’impresa. Sebbene quella appena descritta possa apparire una novità di rilievo, a far davvero discutere è stato l’art. 21 del D. lgs. 149/2022 che prevede, in materia di autorizzazioni relative agli affari di volontaria giurisdizione, un’estensione di competenze in favore del notaio che non si limita ad affiancarsi bensì, addirittura, a sostituirsi, al giudice tutelare.
Se da un lato, dunque, quest’ultimo guadagna il terreno strappato al tribunale, dall’altro una fetta delle competenze relative allo specifico ambito della volontaria giurisdizione, vengono attribuite anche al notaio al quale viene attribuito il potere di autorizzare tutti gli atti pubblici che interessano i minori, gli interdetti, gli inabilitati, i beneficiari di amministrazione di sostegno, ovvero agli atti aventi ad oggetto beni ereditari. Unica esclusione: i provvedimenti che interessano i minori emancipati. Che non si tratti di un vero e proprio trasferimento di competenze ma solo di un’opzione lasciata alla libera determinazione delle parti – che ben potranno continuare ad adire il giudice tutelare per le citate autorizzazioni – appare lampante dall’utilizzo del verbo “possono” nella specifica accezione di possibilità: le autorizzazioni possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal notaio rogante.
Non già un qualsiasi notaio ma solo il professionista incaricato dalle parti per la stipula dell’atto pubblico. Sul punto vale la pena sottolineare che l’unico limite e collegamento posto dall’art. 21 nella scelta del notaio è proprio quello dettato dal conferimento dell’incarico per il rogito. Alcun altro limite di competenza, neppure di carattere territoriale, è sancito dalla norma, ben potendo i richiedenti rivolgersi ad un notaio che esercita al di fuori del loro domicilio e della loro residenza. Oltre alle suddette funzioni nell’ambito della giurisdizione non contenziosa e per l’esercizio delle stesse, il secondo comma dell’art. 21 attribuisce ai notai poteri istruttori prevedendo espressamente che possano farsi assistere da consulenti e assumere informazioni presso il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo grado nonché presso gli altri chiamati, i creditori risultanti dall’inventario (nel caso di beni ereditari) e il legatario (nell’ipotesi in cui l’istanza di autorizzazione a vendere riguardi l’oggetto di un legato di specie).
A norma del comma terzo dell’art. 21, inoltre, laddove per effetto della stipula dell’atto debba essere riscosso un corrispettivo nell’interesse del minore o di un soggetto sottoposto ad una misura di protezione, spetta sempre al notaio determinare le cautele necessarie per il rimpiego del medesimo, definendone i contorni nell’atto di autorizzazione. Una volta emessa, l’autorizzazione andrà comunicata alla cancelleria del tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della stessa e al pubblico ministero presso il medesimo tribunale e potrà essere impugnata innanzi all’autorità giudiziaria, secondo le norme del codice di procedura civile applicabili al corrispondente provvedimento giudiziale. Ai sensi del sesto comma, l’autorizzazione acquisterà efficacia decorsi venti giorni dalle notificazioni e comunicazioni previste dai commi precedenti senza che sia stato proposto reclamo. Sul punto vale la pena spendere qualche parola: sebbene il comma sesto parli di “comunicazioni” e “notificazioni”, il quarto comma non prescrive una particolare forma di comunicazione da parte dei notai al tribunale.
Ciò potrebbe creare non pochi problemi in termini di dies a quo per le impugnazioni, posto che la norma non contempla un sistema di comunicazione in grado di attribuire data certa. Ulteriore perplessità desta poi il sesto comma del richiamato articolo 21, laddove afferma che le autorizzazioni possono essere in ogni tempo modificate o revocate dal giudice tutelare.
Se è palese che si tratti di una precisazione volta a delimitare i poteri del notaio, che in nessun caso potrà attribuire al proprio provvedimento provvisoria esecuzione, né modificarlo o revocarlo, è altresì vero che, in questi termini, appare quasi necessario un successivo passaggio dinanzi al giudice tutelare che, solo, potrà dotare il provvedimento di autorizzazione della provvisoria esecutività. Ci si chiede allora se quello che sulla carta appare come un tentativo di semplificazione, a livello pratico si traduca in un procedimento artificioso. La risposta al tempo che verrà.