03.02.2023 Icon

16° Pillola: Le novità della Riforma Cartabia in tema di arbitrato

La riforma del processo civile ha introdotto anche rilevanti novità in tema di arbitrato.  Esse, analogamente alla maggior parte di quelle che interesseranno il giudizio ordinario, si applicheranno ai procedimenti arbitrali instaurati dopo la data del 28 febbraio 2023.

Riveste senz’altro carattere di particolare novità la rimozione del divieto per gli arbitri di adottare provvedimenti cautelari che ad oggi sono stati prerogativa esclusiva del giudice ordinario anche quando il merito della controversia fosse devoluto ad arbitri. 

Il Legislatore ha così inteso colmare un gap rispetto a molti ordinamenti stranieri che ammettevano da sempre questa opportunità.

Ai sensi del nuovo art. 818 c.p.c., infatti, le parti potranno decidere di attribuire agli arbitri anche la facoltà di provvedere in via cautelare. La scelta delle parti potrà avvenire, oltre che per mezzo di una specifica clausola compromissoria, anche per relationem attraverso il richiamo ad un regolamento arbitrale che riconosca tale facoltà ovvero mediante un patto separato e successivo (risultante, comunque, per iscritto) purché intervenga in un momento antecedente all’instaurazione vera e propria del giudizio arbitrale, ossia la notifica della domanda di arbitrato (o del suo deposito, a seconda che il relativo regolamento arbitrale ciò preveda).

A seguito dell’emissione di un provvedimento cautelare, si potrà proporre reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c. dinanzi alla Corte d’Appello nel cui circondario è posta la sede dell’arbitrato. È senz’altro interessante notare che i motivi di reclamo sono a critica vincolata in forza del rinvio ai motivi, in quanto compatibili, di cui all’art. 829, 1° comma, c.p.c., relativo ai casi di impugnazione per nullità del lodo arbitrale.

La fase esecutiva delle misure cautelari eventualmente disposte dal collegio arbitrale sarà, invece, attribuita al Tribunale nel cui circondario è posta la sede dell’arbitrato e, nel caso in cui quest’ultimo si tenga al difuori del territorio italiano, sarà competente il Tribunale del luogo in cui la misura d’urgenza dovrà effettivamente essere attuata. 

È altresì importante rilevare che la riforma intende conferire agli arbitri investiti di tale facoltà una competenza esclusiva in merito. 

Tuttavia, dall’analisi del dato letterale della novella e in assenza di precedenti applicativi, non si può fare a meno di notare che tale pretesa di esclusività debba essere quantomeno ridimensionata. 

Si pensi, infatti, a titolo puramente esemplificativo, al caso in cui sia richiesta l’emissione di un provvedimento cautelare diretto ad incidere anche sulla sfera giuridica di un soggetto estraneo al procedimento arbitrale. In tal caso, sembrerebbe doversi affermare che la competenza spetti al giudice ordinario. 

Si potrebbero poi comunque verificare anche fattispecie in cui la competenza del tribunale arbitrale e del giudice ordinario si sovrappongano e coesistano, come nel caso in cui una clausola compromissoria o un compromesso devolvano, alternativamente, all’uno e all’altro specifiche materie che possano formare oggetto di provvedimenti d’urgenza (non è raro, infatti, imbattersi in clausole compromissorie diversamente modulate al fine di devolvere determinate materie alla competenza esclusiva del giudice ordinario e determinate altre a quella dell’organo arbitrale).  

Ponendo mente, infine, al dato che la facoltà di disporre provvedimenti cautelari eventualmente conferita agli arbitri è comunque subordinata alla loro accettazione dell’incarico, si potrebbe configurare un’ulteriore ipotesi di sovrapposizione nel lasso di tempo intercorrente tra la richiesta di un provvedimento d’urgenza e l’accettazione formale dell’incarico da parte degli arbitri (qualora, naturalmente, l’organo arbitrale non sia ancora costituito). 

Altrettanto rilevante è senz’altro la modifica dell’art. 839 c.p.c. dettato in tema di riconoscimento del lodo arbitrale straniero, la quale, dirimendo un contrasto giurisprudenziale e dottrinale mai sopito, ha finalmente stabilito che il decreto di exequatur con il quale il Presidente della Corte d’Appello competente riconosce il lodo straniero all’interno del territorio italiano è immediatamente esecutivo, salva la facoltà di disporre la sospensione dell’efficacia esecutiva a seguito dell’instaurazione del giudizio di opposizione al ricorrere di gravi motivi. 

Una ulteriore novità è costituita dall’introduzione dell’obbligo in capo all’arbitro nominato di accompagnare l’accettazione dell’incarico con il rilascio di una dichiarazione che attesti l’assenza di conflitti di interesse o di circostanze che possano legittimare la sua ricusazione.

A tal riguardo, va comunque sottolineato che nella quasi totalità degli enti che si occupano della gestione di arbitrati amministrati internazionali sono già previsti ampi obblighi di disclosure al cui rispetto sono tenuti i membri degli organi arbitrali.

Il nuovo art. 822 c.p.c. dispone, invece, che qualora gli arbitri siano chiamati a dirimere la controversia secondo diritto, è devoluta alla volontà delle parti (espressa nella clausola compromissoria o in un atto separato comunque antecedente all’instaurazione del procedimento) la facoltà di scegliere liberamente la legge applicabile alla controversia, con l’ulteriore specificazione che, in assenza di indicazione, gli arbitri decideranno secondo le norme o la legge individuate in base ai criteri di conflitto ritenuti applicabili; sembrerebbe dunque ancora esclusa la possibilità di fare ricorso a fonti di natura a-nazionale, quali ad esempio i Principi Unidroit.

La riforma è intervenuta ulteriormente anche in relazione ai termini di impugnazione del lodo arbitrale. Il nuovo art. 828 c.p.c., infatti, dispone che l’impugnazione per nullità del lodo arbitrale non sarà più proponibile decorsi sei mesi dalla data dell’ultima sottoscrizione del lodo. È quindi evidente l’intenzione del legislatore di uniformare il termine lungo di impugnazione del lodo arbitrale a quello previsto dall’art. 327 c.p.c. dettato per le impugnazioni ordinarie. Di contro, non verrà modificato il termine breve che rimarrà pari a novanta giorni dalla notificazione del lodo. 

Da un punto di vista sostanziale, l’ultima grande novità apportata dalla riforma riguarda l’introduzione della translatio iudicii tra giudizio arbitrale e giudizio ordinario e viceversa attuata per mezzo dell’inserimento del nuovo art. 819-quater c.p.c. (rubricato “Riassunzione della causa”) e del nuovo art. 816-bis.1 che prevede che la domanda di arbitrato produca i medesimi effetti sostanziali della domanda giudiziale, mantenendoli anche qualora la causa venga riassunta ai sensi del citato art. 819-quater c.p.c. (il termine per riassumere la causa è fissato in tre mesi dalla sentenza o ordinanza con cui è negata la competenza).

Infine, da un punto di vista sistematico, si deve sottolineare la trasfusione delle norme che istituiscono l’arbitrato societario all’interno del codice di procedura civile, segnatamente dall’art. 838-bis all’art. 838-quinquies c.p.c.. Sostanzialmente, tali previsioni riproducono quelle contenute nel decreto legislativo con cui venne introdotto l’arbitrato societario, ora abrogate, con qualche correttivo di coordinamento con le norme che regolano l’istituto generale dell’arbitrato. 

Autore Michele Massironi

Partner

Bologna

m.massironi@lascalaw.com

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