26.03.2024 Icon

Thema decidendum: quali le preclusioni?

Con ordinanza dello scorso 14 marzo, i Giudici della Suprema Corte hanno enunciato il seguente principio di diritto: “l’evidenziazione, puntualizzazione o specificazione, con la memoria ex art. 183, co. VI, c.p.c. nella sua formulazione pre-Cartabia, di fatti già sottoposti, nella loro comprensibile essenzialità, al dibattito processuale con l’atto introduttivo del giudizio, non importa tardivo mutamento della causa petendi, nel caso in cui le conseguenze giuridiche che ne derivano costituiscono automatica conseguenza di legge, della quale il giudice è tenuto a conoscere”.

La società Alfa agiva in giudizio nel 2009 per essere dichiarata proprietaria per usucapione di un appezzamento di terreno. Essa sosteneva, in particolare, di essere divenuta titolare del diritto di proprietà sul fondo, in quanto pervenutole per avere incorporato, anni prima, la società Beta, sua dante causa. La società Gamma, costituitasi in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva per mancanza di titolarità del terreno e non usucapibilità dello stesso, poiché gravato da servitù di pubblico acquedotto.

In primo grado, il Tribunale, concessi i termini ex art. 183, co. VI, c.p.c., rigettava la domanda di usucapione. La Corte d’Appello di Roma confermava quanto deciso nel primo grado di giudizio, affermando che l’attrice era incorsa nelle preclusioni sulla precisazione del thema decidendum non avendo provveduto al deposito, nel termine, della memoria ex art. 183, co. VI, n. 1, c.p.c. L’appellante, in sostanza, nell’atto introduttivo non aveva indicato elementi fattuali che potessero suffragare la tesi dell’accessione del possesso della dante causa Beta S.r.l., alla quale l’attrice aveva fatto riferimento solo in sede di memoria ex art. 183, co. VI, n. 2 c.p.c. Dato che le affermazioni afferenti al possesso spese nell’atto di citazione riguardavano esclusivamente la sola attrice Alfa, la quale avrebbe concesso a Beta in locazione il bene a partire dal 1994 – ovverosia ad epoca non antecedente al ventennio ex art. 1158 c.c. – i giudici avevano ritenuto di rigettare la richiesta di usucapione per modifica della domanda.

La società ricorreva, pertanto, per Cassazione deducendo la nullità della sentenza di secondo grado, asserendo che la preclusione affermata dalla Corte d’Appello non sussistesse in quanto non si era verificata alcuna modifica della domanda, bensì una mera allegazione in fatto, non contestata, e sulla quale vi era stato pienezza di contraddittorio, riguardante il possesso utile all’usucapione.

La Cassazione ha accolto il ricorso osservando che, dalla narrazione di cui alla citazione introduttiva del giudizio di primo grado, la società Alfa aveva esplicitato di essere proprietaria del fondo, in quanto pervenutole per avere in precedenza incorporato la società Beta. Né, per altro verso, si era in presenza di una ricostruzione fattuale alternativa, in tutto o in parte, rispetto a quella primigenia.

Nel caso di specie, dunque, non era configurabile alcuna modifica della causa petendi, dal momento che l’attrice non allegava un fatto nuovo a mutare il tema della decisione, ma semplicemente integrava la difesa aggiungendo un ulteriore elemento di valutazione a quanto in precedenza già dedotto. Trattavasi, infatti, di un fenomeno di successione nel possesso, similmente a quello dell’erede (art. 1141, co. I, c.c.), ampiamente enunciato nella narrazione di cui all’atto di citazione, i cui effetti – che il giudice era tenuto a conoscere – scaturivano ope legis.

Autore Michele Cicero

Trainee

Milano

m.cicero@lascalaw.com

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