In tema di impugnazioni, il principio secondo il quale vige la regola dell’unitarietà del termine dell’impugnazione, va interpretato nel senso che detto momento rileva per la decorrenza del termine breve per impugnare, ma solo per il notificante stesso e per ciascuna parte destinataria della notificazione della sentenza. In presenza di una pluralità di parti, infatti, ognuna di esse ha diritto di ricevere la notifica della sentenza, che è condizione per far scattare il termine breve per l’impugnazione.
Questo è il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul punto.
La vicenda trae origine da un giudizio di primo grado conclusosi con sentenza di nullità dell’impugnato atto di compravendita di un immobile e conseguente condanna della parte venditrice, in solido con la società mediatrice, al risarcimento del danno subito dall’acquirente.
Avverso la sentenza, a distanza di alcuni mesi l’una dall’altra, le parti soccombenti proponevano appello con due distinti atti, che davano luogo a separati giudizi non riuniti, ciascuno definito da relativa sentenza.
In particolare, il giudizio di appello incardinato dalla società mediatrice si concludeva con sentenza che dichiarava la contumacia del venditore per non essersi quest’ultimo costituito, mentre l’autonomo giudizio di appello da questi proposto si concludeva con sentenza di inammissibilità dell’impugnazione per tardività.
Infatti, come emerso in corso di causa, alla data di notifica dell’appello da parte del venditore, era già spirato il termine breve di 30 giorni dalla notifica della sentenza per la proposizione dell’impugnazione, nonché il termine per la proposizione dell’appello incidentale per effetto del gravame proposto dalla società mediatrice.
Entrambe le sentenze venivano impugnate dal venditore innanzi alla Corte di Cassazione, con due autonomi giudizi che venivano poi riuniti per connessione oggettiva e soggettiva.
In particolare, con l’unico motivo di impugnazione, il ricorrente contestava la validità della notifica dell’atto di citazione in appello proposto dalla società mediatrice, in quanto asseritamente inviata all’indirizzo di un avvocato a lui presuntivamente sconosciuto, ma presso il quale il difensore incaricato in primo grado aveva regolarmente eletto domicilio.
Il ricorrente eccepiva, pertanto, l’invalidità della notifica dell’appello, che aveva determinato la mancata costituzione nel giudizio di secondo grado con la relativa dichiarazione di contumacia, nonché la proposizione di un appello in via autonoma avverso la medesima sentenza.
Investita della questione, la Suprema Corte riportandosi alla giurisprudenza di legittimità sul punto ha ritenuto innanzitutto valida la notifica dell’atto di citazione in appello eseguita presso il domicilio eletto dal difensore nominato in primo grado, qualora, come nel caso di specie, si tratti di impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza.
Inoltre, ha rilevato la Corte di Cassazione, per le due parti soccombenti decorrono termini differenti di impugnazione: per la società mediatrice, che non ha ricevuto la notifica della sentenza di primo grado, decorre il termine lungo di 6 mesi dalla pubblicazione, mentre per la venditrice, che ha ricevuto la notifica della sentenza, decorre il termine breve di 30 giorni.
Infatti, ribadisce la Corte, nei processi caratterizzati da una pluralità di parti, il principio dell’unitarietà del termine per l’impugnazione vale soltanto tra notificante e singolo destinatario della notifica in quanto, per le altre parti del giudizio, il termine breve per l’impugnazione è potenzialmente diverso e decorre dalla notifica della sentenza a ciascuna di esse.