La Suprema Corte, con ordinanza n. 17979/23, pubblicata in data 22 giugno 2023, ha deciso in materia di notificazioni non effettuate presso la residenza del destinatario dell’atto, accogliendo le ragioni del ricorrente e cassando con rinvio l’impugnata sentenza con cui il Tribunale di Larino aveva rigettato l’opposizione agli atti esecutivi promossa ex art. 617 c.p.c.
Il debitore esecutato sosteneva che erano nulle le notificazioni dei titoli esecutivi e degli atti di precetto, avvenute al suo preteso domicilio cd. “protetto” (cd. polo residenziale fittizio), presso la Polizia di Stato, nonostante questo fosse indicato nelle risultanze del registro delle imprese come suo domicilio, quale legale rappresentante di società le cui quote erano state assoggettate ad espropriazione.
Ed infatti, al momento della esecuzione di tali notificazioni, egli non godeva più del programma di protezione testimoni e collaboratori di giustizia (previsto dal d.l. 15 gennaio 1991 n. 8, art. 14, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1991 n. 82), ma aveva una diversa residenza anagrafica e di fatto, palese e non occulta.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha affermato come il domicilio dichiarato del legale rappresentante di società iscritte nel registro delle imprese che risulti dalle certificazioni camerali, non costituisca affatto una “elezione di domicilio” da parte di quel soggetto ai fini di tutte le notificazioni a lui dirette. Questo anche, e soprattutto, con riguardo ad atti personali e non pertinenti alla società rappresentata, come nel caso di specie, dove la notifica del titolo esecutivo e dell’atto di precetto era stata eseguita da parte del notificante in un luogo che non aveva più attinenza alcuna con il debitore.
Il Collegio, dunque, con la decisione in esame, ha ritenuto che le notifiche, a maggior ragione se di atti aventi natura personale, debbano, dunque, essere effettuate (almeno in prima battuta) nel comune di residenza del destinatario «secondo le risultanze dei registri anagrafici e non di altri strumenti di pubblicità non a questo fine espressamente devoluti».
In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha confermato, poi, che la nullità della notifica del precetto possa essere sanata, ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c., se viene dimostrato che tale notificazione abbia di fatto raggiunto lo scopo a cui era preposta. Tale scopo, tuttavia, non è raggiunto dalla mera avvenuta conoscenza della notificazione, la quale può essere utile, come nel caso di specie, alla proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art 617 c.p.c.
Al contrario, è necessario provare che tale conoscenza si sia avuta in tempo utile a prevenire il pignoramento, atteso che la funzione tipica dell’atto di precetto è quella di consentire all’intimato di adempiere spontaneamente all’obbligazione portata dal titolo esecutivo, evitando l’avvio dell’esecuzione forzata contro di lui.