18.06.2024 Icon

Le Sezioni Unite sui rapporti tra giudizio di rettificazione e ricorso in Cassazione

Con la sentenza qui in commento, le Sezioni Unite della riprendono il tema del rapporto tra giudizio di rettificazione e ricorso in Cassazione.

La pronuncia trae origine dall’impugnazione promossa avverso una decisione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche adottata all’esito di un giudizio di rettificazione ex art. 204 del r.d. 1775/33.

Per meglio comprendere il caso, sembra utile premettere che la giustizia delle acque pubbliche è un sistema giurisdizionale speciale che è disciplinato da un proprio, specifico rito che, sebbene non sia derogabile, è suscettibile di integrazione, in caso di lacune, con le norme processual-civilistiche.

Il giudizio ed il procedimento davanti ai tribunali delle acqueè disciplinato dal Regio Decreto dell’11 dicembre 1933 nr. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque), il quale prevede che il ricorso alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione contro le decisioni del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche pronunciate in grado di appello è ammesso nei soli limiti di cui agli artt. 200 – 202, ossia:

a) per incompetenza o eccesso di potere ai termini dell’art. 3 della L. 31 marzo 1877, n. 3761;

b) per violazione o falsa applicazione di legge ai sensi del n. 3 dell’art. 517 del Codice di procedura civile, o se si verifichi la contraddittorietà prevista nel n. 8 dell’art. 517 medesimo.

Tutte le altre ipotesi, quali, ad esempio, vizi di omessa pronuncia o di extrapetizione in cui il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche incorre, sono tutelabili attraverso lo strumento della rettificazione ai sensi dell’art. 204 r.d. n. 1775/1933 e non a mezzo dell’impugnazione in Cassazione.

Ciò chiarito, nella fattispecie oggetto di lite un consorzio di bonifica occupava un’area di proprietà privata al fine di costruirvi una strada; la parte ricorrente conveniva in giudizio l’ente innanzi al Tribunale ordinario chiedendo che venisse condannato al pagamento dell’indennità dovuta e al risarcimento del danno.

Il Tribunale declinava la propria competenza a favore del Tribunale Regionale delle acque pubbliche che rigettava la domanda attorea per difetto di legittimazione attiva.

Avverso la predetta decisione veniva proposto appello innanzi al Tribunale Superiore delle acque pubbliche, il quale condannava il consorzio al pagamento di una somma.

Tuttavia, il Tribunale ometteva di pronunciarsi su altre domande, ovvero la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante, quella di pagamento dell’indennità di occupazione e quella in punto di liquidazione delle spese di CTU.

Per tali motivi veniva instaurato il giudizio di rettificazione della suddetta sentenza all’esito del quale il Tribunale Superiore delle acque pubbliche rettificava la propria decisione solo con riguardo alle spese di CTU mentre, per tutto il resto, dichiarava che non vi era stata omessa pronuncia sulle domande attoree poiché queste erano state implicitamente rigettate.

Da qui il ricorso alle Sezioni Unite che, preliminarmente, affrontano la questione relativa l’impugnativa contro le decisioni rese dal Tribunale Superiore delle acque chiarendo che la sentenza pronunciata all’esito del giudizio di rettificazione, ove se ne assuma l’erroneità in punto di diritto, può e deve essere impugnata per Cassazione al pari di qualsiasi altro provvedimento non appellabile, definitivo e decisorio.

Gli Ermellini hanno, quindi, dato sostanziale piena continuità al principio che la Suprema Corte aveva già più volte enunciato secondo il quale la sentenza conclusiva del giudizio di rettificazione ex art. 204 r.d. 1775/33, se erronea in punto di diritto, può essere impugnata per Cassazione.

La soluzione accolta dalle Sezioni Unite Corte rappresenta un ulteriore e pregevole sforzo finalizzato a colmare in via interpretativa le inevitabili lacune normative presenti nell’ambito della giustizia delle acque, la quale, nonostante la longevità, soffre della obsolescenza del compendio normativo su cui è fondata che, addirittura, rinvia a delle disposizioni presenti nel codice di procedura civile post unitario e, probabilmente, necessiterebbe di un intervento legislativo volto ad adeguarlo al vigente contesto normativo.

Autore Heather Caccese

Associate

Milano

h.caccese@lascalaw.com

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