Con una recente pronuncia la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Lecce, affermando che l’esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce il presupposto della legittimità di qualunque esecuzione coattiva e, pertanto, la rilevabilità della caducazione del titolo rientra nei poteri anche del giudice di merito, investendo il rilievo d’ufficio l’intero sviluppo processuale.
Prosegue la Corte rilevando che “nell’ipotesi in cui sopravvenga la caducazione del titolo giudiziale azionato, il giudizio di opposizione all’esecuzione dovrà concludersi con una pronuncia di cessazione della materia del contendere e non già di accoglimento dell’opposizione”.
La vicenda trae origine da un giudizio di opposizione all’esecuzione ex art. 615 comma 1 c.p.c., avverso un atto di precetto ritualmente notificato, in forza di una sentenza emessa all’esito di un giudizio di scioglimento di una comunione immobiliare.
In particolare, i ricorrenti sostenevano che la sentenza azionata fosse nulla per vizio relativo alla composizione del giudice adito.
Il Tribunale rigettava l’opposizione e la sentenza resa veniva appellata.
La Corte d’Appello di Lecce accoglieva l’opposizione, altresì rilevando d’ufficio l’avvenuta caducazione del titolo in virtù del quale era stato intimato il precetto giudiziale – titolo che, nelle more, era stato dichiarato nullo con successivo provvedimento.
Avverso la sentenza d’appello, veniva proposto ricorso in Cassazione.
I ricorrenti lamentavano la violazione del principio del thema decidendum, per aver la Corte d’Appello rilevato d’ufficio la caducazione del titolo che, tuttavia, non rientrava nel petitum.
Veniva, altresì, richiesta la censura della tipologia di pronuncia resa dal Giudice di secondo grado (ossia l’accoglimento dell’opposizione), sostenendo che il giudizio d’appello si sarebbe dovuto concludere con una pronuncia di cessazione della materia del contendere.
La Terza Sezione della Cassazione, investita della questione, ha rigettato il primo motivo di ricorso, sostenendo che la caducazione del titolo costituisce un evento rilevabile d’ufficio tanto dal Giudice dell’Esecuzione quanto dal Giudice dell’opposizione, in virtù dello stretto collegamento funzionale esistente tra procedura esecutiva e giudizio di opposizione.
In particolare, la Corte ha evidenziato che la caducazione del titolo si verifica quando un provvedimento giudiziale perde irreversibilmente la sua idoneità esecutiva ed è impossibile una sua riviviscenza, come ad esempio accade nell’ipotesi in cui vi sia un integrale accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo che, di fatto, revochi il decreto emesso.
Prosegue la Corte precisando come fosse di diversa natura la trasformazione del titolo che concerne l’ipotesi in cui ad un titolo giudiziale provvisorio si sostituisca un altro provvedimento avente eguale idoneità esecutiva in quanto affermativa di un diritto già contenuto nel titolo azionato, come ad esempio una sentenza di appello che confermi la sentenza di primo grado azionata.
Nel caso in esame, la sopravvenuta caducazione del titolo ha consentito al Giudice d’Appello di rilevare d’ufficio una violazione del principio di immanenza del titolo esecutivo che, come noto, costituisce la necessaria ed imprescindibile condizione dell’azione esecutiva.
Quanto, invece, al secondo motivo di ricorso, la Cassazione ha accolto la doglianza dei ricorrenti, ritenendo che, in caso di caducazione del titolo, il giudizio di opposizione all’esecuzione proposto anche per altri motivi deve concludersi con una pronuncia di cessazione della materia del contendere e non già nell’accoglimento dell’opposizione, ciò in quanto restano travolte le pronunce sulle contestazioni all’esecuzione intrapresa con il titolo esecutivo ormai caducato. In virtù delle argomentazioni svolte, la Suprema Corte ha cassato la Sentenza impugnata e rimesso al grado di appello il nuovo esame della controversia, demademandando altresì la decisione in ordine alle spese processuali.