Proseguiamo con la nostra analisi delle novità introdotte nel nostro ordinamento dal D. Lgs. n. 164/2024, noto come “Correttivo Cartabia”.
Quest’oggi la nostra analisi si concentrerà sulle modifiche apportate nel processo civile al rito semplificato, disciplinato dagli art. 281 decies ss c.p.c.
Ed infatti, a distanza di poco più di due anni dall’entrata in vigore della riforma Cartabia, il legislatore ha voluto ulteriormente manifestare il proprio favor per questo rito, tanto che lo stesso potrebbe in astratto diventare il rito con maggiore diffusione nelle aule dei nostri Tribunali.
Ecco le principali novità.
1.Estensione dell’ambito di applicazione
Con la modifica al II comma dell’art. 281 decies c.p.c., il legislatore del Correttivo ha voluto estendere espressamente e in modo inequivocabile, la possibilità di ricorrere a tale tipologia di rito, che – nelle sole cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica – potrà sempre essere utilizzato anche al di fuori dei casi indicati al I comma.
Il dettato dell’art. 281 decies co. I, introdotto dalla cd. Riforma Cartabia e non oggetto di modifiche ad opera del Correttivo, limita infatti l’applicazione del rito semplificato solo in presenza di: i) fatti di causa non controversi; ii) domanda fondata su prova documentale; iii) causa di pronta soluzione; iv) causa che richiede un’istruzione non complessa.
Con la precisazione da ultimo introdotta al II comma, quindi, i margini di applicabilità del rito vengono estesi in modo decisamente più esplicito, consentendo così all’attore di optare per il rito semplificato anche in presenza di cause più articolate, o quanto meno in assenza di una valutazione prognostica certa sulla loro reale complessità.
Ferma restando la possibilità della conversione del rito che a breve analizzeremo, possiamo però sostenere che il legislatore ha evidentemente voluto esplicitare la sua preferenza verso tale iter processuale, eleggendolo a rito standard nel caso di giudizi da incardinare davanti al Tribunale in composizione monocratica.
Sempre con riferimento all’ampliamento dell’utilizzo del rito semplificato, è di notevole importanza anche l’introduzione del III comma dell’art. 281 decies c.p.c. grazie al quale si è estesa l’applicabilità anche alle cause di opposizione a precetto (art. 615 c.p.c.), agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) e a decreto ingiuntivo (art. 645 c.p.c.).
Data la notevole incidenza che queste cause hanno tra tutte quelle che occupano i nostri giudici, è evidente che, sulla carta, il rito semplificato potrà potenzialmente avere in futuro una grande diffusione.
2. Potere del Giudice di convertire il rito
Nonostante l’estensione dell’applicabilità del rito semplificato, l’ampia discrezionalità attribuita all’attore nella scelta del rito viene mitigata dal potere che il giudice conserva di procedere alla conversione in rito ordinario.
Il giudicante, infatti, deve disporre la conversione se rileva che per la domanda principale o per la domanda riconvenzionale non ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell’articolo 281 decies c.p.c. Allo stesso modo procede se, valutata la complessità della lite e dell’istruzione probatoria, ritiene che la causa debba essere trattata con il rito ordinario (art. 281 duodecies c.p.c.). Questo garantisce che le cause più complesse ricevano, in ogni caso, l’attenzione procedurale adeguata.
Al contrario e nell’ottica preminente di snellimento e velocizzazione dei giudizi, con le modifiche apportate dal Correttivo all’art. 171 bis, co IV, c.p.c. viene anticipata alla fase delle verifiche preliminari la possibilità per il giudice, ove vi siano le condizioni, di passare dal rito ordinario al rito semplificato di cognizione. L’art. 183bis c.p.c., abrogato dal Correttivo, prevedeva, invece, tale possibilità solo dopo la prima udienza di comparizione.
3. Modifiche procedurali
Modifiche di carattere limitatamente sistematico e di raccordo hanno interessato il I comma dell’art. 281 undecies nel quale sono stati precisati gli avvertimenti da inserire nel ricorso introduttivo, adeguandoli a quelli previsti dalla nuova formulazione dell’art. 163 c.p.c. post-Cartabia.
Sono, invece, novità di particolare importanza quelle apportate al procedimento del rito semplificato dal nuovo articolo 281 duodecies c.p.c, chiaramente dettate dalla finalità di incentivarne la diffusione.
Viene, infatti, introdotta per l’attore la cd. reconventio reconventionis, ovvero la possibilità di proporre nuove domande in risposta alla domanda riconvenzionale del convenuto, ampliando così i suoi margini di difesa (Art. 281 duodecies, co. III).
È stato inoltre previsto che, su richiesta di parte, il Giudice deve concedere termini per la precisazione o modifica delle domande ed eccezioni e per l’introduzione di nuovi mezzi istruttori quando l’esigenza sorge dalle difese della controparte. Viene quindi eliminato il precedente riferimento al “giustificato motivo” presente nella vecchia formulazione, con conseguente riduzione, sul punto, della discrezionalità inizialmente lasciata al giudice (Art. 281 duodecies, co. IV).
È evidente che queste modifiche mirano a rendere il rito semplificato più accessibile ed efficiente, garantendo al contempo la possibilità di adeguare il procedimento alla complessità della causa, qualora la necessità emerga nel prosieguo del giudizio.
Sempre al fine di accelerare i tempi processuali, con la sostituzione del primo comma dell’art. 281 terdecies, il legislatore ora prevede che per le cause collegiali nella fase decisoria si proceda a norma dell’art. 275 bis non più automaticamente, ma solo su istanza di almeno una delle parti: a seguito di esplicita richiesta, quindi, quando il Giudice istruttore ritiene che la causa possa essere decisa a seguito di discussione orale, fissa udienza davanti al collegio e assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di note limitate alla precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine non superiore a quindici giorni per le note conclusionali.
In caso contrario, nelle cause trattate in composizione collegiale, il Giudice istruttore si riserva all’esito della discussione di riferire al collegio, con emissione della sentenza nei successivi sessanta giorni; nei giudizi in composizione monocratica, invece, il Giudice procede ai sensi dell’art. 281 sexies, dunque tramite discussione orale innanzi a sé ed emissione della sentenza in udienza, ai sensi del I comma, oppure nel termine di trenta giorni (art. 281 sexies, co, III).
4.Conclusioni
Come abbiamo visto, i “ritocchi” operati dal decreto Correttivo puntano sull’ampliamento dell’ambito di applicazione e sulla semplificazione dell’attività che giustifica un iter processuale più snello, nella fase introduttiva come nella fase conclusiva.
Per verificare l’impatto concreto di tali modifiche, però, ci toccherà attendere di consultare le future relazioni annuali del Ministero della Giustizia: sarà infatti interessante appurare se l’idea del legislatore di attribuire sempre maggior spazio al rito semplificato avrà riscontro nella realtà, da un lato, per le scelte procedurali degli attori e, dall’altro, per le decisioni dei Giudici di convertire in semplificati i giudizi ordinari già instaurati.