La macchina giudiziaria è in continua evoluzione ed è sempre più digitale con la conseguenza che la stessa appare, ormai, maggiormente avulsa dal contesto normativo del codice di procedura civile, pensato per un ambiente antecedente al deposito telematico e, quindi, analogico.
In tale processo di digitalizzazione le normative sul deposito cartaceo sono da intendersi ormai superate.
A conferma di quanto sopra si richiama la recentissima ordinanza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione n. 5420 del 29 febbraio 2024, con la quale i giudici del Palazzaccio hanno affermato che nell’ambito del processo civile telematico non possono trovare ingresso ed applicazione le regole dettate dagli artt. 74 ed 87 delle disposizioni attuative del codice di procedura civile.
I suindicati articoli prevedono che gli atti ed i documenti prodotti prima della costituzione in giudizio devono essere elencati nell’indice del fascicolo e sottoscritti dal cancelliere, mentre quelli prodotti dopo la costituzione vanno depositati in cancelleria con la comunicazione del loro elenco alle altre parti oppure, se esibiti in udienza, devono essere elencati nel relativo verbale, sottoscritto del pari, del cancelliere.
La ratio della suesposta normativa è da rinvenirsi nell’esigenza di garantire che i documenti prodotti corrispondano a quelli elencati nell’indice; tuttavia, tale esigenza è ormai venuta meno con l’introduzione della gestione telematica del processo civile, considerato che i documenti inseriti nel fascicolo informatico con il deposito telematico non possono essere in alcun modo sostituiti, alterati o eliminati.
Il processo civile telematico ha, quindi, ridisegnato la modalità dei depositi rendendo superflui alcuni adempimenti ed attività tradizionalmente svolte da avvocati, giudici e cancellieri quali, appunto, il visto del cancelliere sull’indice del fascicolo, previsto dai menzionati articoli.
Alla luce di ciò, è chiaro che l’avvento ed il continuo avanzamento del processo civile telematico impone un ripensamento dei principi e delle normative codicistiche stabilite prima dell’introduzione del p.c.t. e che, oggi, appaiono incompatibili con la digitalizzazione e, pertanto, sono da intendersi come tacitamente abrogate.
Su tali basi la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato destituita di qualsivoglia fondamento la doglianza dei ricorrenti secondo cui sarebbe stata inutilizzabile tutta la documentazione di controparte – nello specifico estratti conto – depositata telematicamente con la denominazione “doc. n. 15, n. 16, n. 17, n. 18” senza il rispetto delle modalità di deposito previste dagli artt. 74 ed 87 delle disp. att. c.p.c.