L’Antitrust ha avviato un’istruttoria nei confronti del Consiglio Nazionale Forense poiché la disciplina sull’equo compenso, così come recepita dall’art. 25 bis del Codice deontologico, configurerebbe un’intesa restrittiva della libera concorrenza.
In particolare, secondo l’Autorità, la formulazione ampia e generica della norma censurata attribuirebbe alla disciplina dell’equo compenso una portata più estesa rispetto a quanto previsto dalla legge n. 49/2023: l’operatività dell’articolo 25-bis non sarebbe limitata ai rapporti con i c.d. “grandi clienti” ma, al contrario, sarebbe applicabile a tutti i mandati professionali.
Si riaccende così lo scontro sul ruolo dell’avvocatura. Se per l’Antitrust gli avvocati sono soggetti economici in senso stretto a cui è applicabile la normativa europea sulla libera concorrenza, per l’Unione Nazionale Camere Civili (UNCC) gli stessi assumono una funzione pubblica e sociale di rilievo costituzionale, distinta dalle ordinarie attività di mercato.
Non ci resta, dunque, che attendere l’esito dell’istruttoria che potrebbe non solo incidere sull’interpretazione e applicazione della disciplina dell’equo compenso ma anche sul bilanciamento tra la tutela del lavoro professionale e il rispetto delle regole di concorrenza.