Il ricorso in Cassazione è un’azione complessa e può essere presentato solo in presenza di specifici presupposti, quali l’errore di fatto o di diritto (che si verifica allorquando la pronuncia sia fondata su fatti errati o incompleti o quando la norma di legge viene applicata in modo errato); la violazione di legge (ovvero quando il Giudice, nel pronunciarsi, non ha rispettato una norma di legge); la mancanza di motivazione (quando la sentenza non motiva adeguatamente la decisione assunta); la manifesta illogicità (quando c’è un’illogicità nella giustificazione interna o quando tale vizio concerne la giustificazione esterna della decisione).
Il ricorrente deve in ogni caso dimostrare l’esistenza del motivo e comunque la sua rilevanza per la decisione.
Il giudizio di Cassazione è un giudizio nel quale le censure alla sentenza impugnata devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi specifici (principio di specificità).
Non è semplice, quindi, esperire tale azione senza il rischio di ricadere nell’inammissibilità dei motivi.
Con Ordinanza n. 35782 del 21.12.2023, la Corte di Cassazione – nel decidere su una questione che ha interessato lo Studio – ha ritenuto opportuno anteporre alcune considerazioni di carattere generale riguardanti le tipologie di vizi (violazione e/o falsa applicazione di legge, anche processuale; vizio motivazionale; omesso esame di fatti controversi e decisivi) spesso cumulativamente prospettati.
In primis, la Corte ha esaminato il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ritenendo che lo stesso possa rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione).
La Corte ha, inoltre rimarcato, che:
i) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge;
ii) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010);
iii) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
Ed ancora la Corte ha precisato che allorquando l’indagine sia diretta ad accertare se il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo, la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale assumendo anche il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; ciò con la precisazione che, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessaria una sollecitazione del potere di accertamento del vizio e cioè che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame.
Sicché il corrispondente motivo intanto è ammissibile ove contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni ed i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale. Infatti, il potere-dovere della Corte di esaminare direttamente gli atti processuali non significa che la medesima debba ricercarli autonomamente, spettando, invece, alla parte allegarli ed indicarli (sul punto, anche Cass. n. 28385 del 2023; Cass. n. 978 del 2007).
Passando poi al vizio di motivazione, di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., esso non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando, come si è già anticipato, solo al giudice predetto individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014); mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, “bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti” (cfr. Cass. n. 30878 del 2023).
Inoltre, la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. ha ormai ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito che è oggi denunciabile in Cassazione “solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”; questa anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico“, nella “motivazione apparente“, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile“, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione o di sua “contraddittorietà”.
L’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza, nella nuova formulazione dell’articolo, è quella “insanabile” e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella “insuperabile”.
L’attuale art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come specifica l’ordinanza in commento, riguarda, dunque, un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo.
In conclusione, la Cassazione ha voluto ancora una volta fare chiarezza per una corretta redazione dei ricorsi.