30.01.2024 Icon

Attuazione dell’ordine di liberazione: termine perentorio o ordinatorio?

Con l’ordinanza in commento, emessa in data 13 dicembre 2023, il Tribunale di Verona si è soffermato sulla natura del termine concesso per l’attuazione dell’ordine di liberazione dell’immobile, stabilendo che lo stesso debba considerarsi perentorio.

La vicenda trae origine dall’istanza presentata da un debitore esecutato mediante la quale chiedeva al giudice una proroga del termine massimo di legge di centoventi giorni per la liberazione spontanea del bene.

L’istanza era motivata dalla necessità, per l’esecutato, di attendere che gli venisse concesso un alloggio popolare.

Il Tribunale, chiamato a decidere, ha precisato che “il termine di 120 giorni decorrente dalla pronuncia del decreto di trasferimento per il rilascio dell’immobile deve essere qualificato come perentorio per la parte esecutata: se il suo decorso, cioè, non consuma il potere del custode di attuare l’ordine di liberazione, la sua prorogabilità deve essere esclusa ove l’istanza provenga dalla parte esecutata stessa”

Nella parte motiva del provvedimento in commento, il Giudice ha evidenziato che il termine de quo rappresenta un equo bilanciamento di tre contrapposti interessi: 1) il diritto del nuovo proprietario del bene ad entrare nel possesso del proprio immobile; 2) l’interesse dei creditori ad ottenere la soddisfazione del proprio credito in tempi celeri; 3) l’interesse della parte esecutata a rilasciare l’immobile soltanto successivamente al trasferimento della proprietà all’acquirente in sede esecutiva.

A parere del Tribunale, dunque, concedere una proroga del termine equivarrebbe a consentire l’abusiva (poiché, ormai, senza titolo) permanenza del debitore esecutato all’interno di un immobile che non gli appartiene più da mesi, ed a premiare le condotte dilatorie nel rilascio del bene poste in essere da quest’ultimo.

Inoltre, violerebbe lo scopo sotteso alla pronuncia di un “provvedimento del giudice dell’esecuzione immobiliare autoesecutivo ed attuato direttamente dal custode giudiziario con l’ausilio della forza pubblica che, ai sensi del combinato disposto degli art. 65 c.p.c. e 14 dell’Ordinamento Giudiziario, risponde funzionalmente al giudice civile rispetto all’attuazione pronta e celere del comando giudiziario “

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, dunque, il Giudice ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla parte esecutata rispetto all’art. 560 c.p.c.

Tale norma è volta a tutelare l’esigenza abitativa del debitore esecutato che abbia stabilito la propria residenza nel bene pignorato, consentendogli di cambiare la propria abitazione entro il termine di centoventi giorni dalla data della perdita definitiva della proprietà del bene.

Il Tribunale, avendo ritenuto tale termine “più che congruo, tanto più se si consideri che, già dal momento della pronuncia dell’ordinanza di vendita, l’esecutato ha la certezza che perderà la proprietà dell’immobile, non potendo più depositare istanze di conversione del pignoramento o opposizioni all’esecuzione”, ha rigettato le doglianze di parte debitrice condannandola alla rifusione delle spese processuali in favore di tutte le parti costituite.

Autore Martina Baldassari

Trainee

Milano

m.baldassari@lascalaw.com

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